Servizi pubblici locali: quando la parola ai privati? 
di Paolo Passaro

Da alcuni anni il tema della liberalizzazione e successiva privatizzazione dei servizi pubblici locali (in particolare trasporti, gas, elettricità e igiene urbana) è al centro di studi, convegni, dibattiti e proposte di legge. Alcune innovazioni ci sono state, è vero, soprattutto con il Testo Unico degli Enti Locali che ha parzialmente riordinato una legislazione sparpagliata, confusa e farraginosa. Quello che non è cambiato, in maniera sostanziale, è il mercato dei servizi pubblici locali. Mercato che in pratica non esiste. Ad oggi più del 60% delle ex Municipalizzate sono detenute a larghissima maggioranza dai Comuni di cui sono emanazione. E’ notizia di questi giorni, peraltro, che la Commissione Bilancio del Senato ha varato il “decretone” che accompagna la finanziaria il quale, per i servizi pubblici locali, prevede ancora una volta di dilazionare l’obbligo di effettuare le gare per l’affidamento del servizio stesso. In pratica, sino al 2009 i Comuni possono tranquillamente continuare a controllare le aziende che erogano i servizi essenziali al buon funzionamento delle nostre città. 

Da un certo punto di vista ciò è giustificato da una situazione congiunturale che deprime le possibilità di collocare in maniera economicamente vantaggiosa le quote o azioni delle aziende, procurando un effettivo beneficio alle casse degli Enti Locali e, di riflesso, allo Stato. Ma se la diagnosi è parzialmente corretta non se ne condivide la terapia. Se il “sistema” Italia stenta a ripartire e la ripresa non appare imminente ciò è dovuto in gran parte all’elevato livello di vincoli che ingessano l’apparato produttivo. Oltre il 50% dell’economia italiana è controllata direttamente o indirettamente dallo Stato. Da un lato ciò costituisce un ammortizzatore delle fasi più difficili delle crisi che spesso si affacciano; dall’altro è un freno allo sviluppo nei momenti di crescita e di ripresa economica. Un maggior tasso di libertà e di mercato se da un lato accentua i rischi, dall’altro apre nuove opportunità oggi sconosciute. In particolare, i servizi pubblici locali sarebbero un eccellente terreno di sperimentazione di nuove politiche dell’offerta.

Liberalizzando e consentendo ai privati di concorrere mediante gara al conseguimento del controllo delle società ex municipalizzate si potrebbe dare un grosso contributo allo sviluppo delle economie locali. Inoltre, mediante la gara il Comune esprimerebbe finalmente il ruolo che legislazione e giurisprudenza gli assegnano: quello di essere “terzo” rispetto alle aziende che erogano i servizi. Non sta scritto da nessuna parte che i Comuni debbano essere imprenditori. L’Ente Locale deve vigilare che siano rispettate alcune norme fondamentali quali l’universalità del servizio (che deve essere offerto a tutti), l’imparzialità, ecc. Per fare ciò deve siglare di intesa con l’assegnatario della gara, un cosiddetto “Contratto di Servizio” che è la base giuridicamente idonea all’esercizio del controllo. Per il resto sono i privati che debbono utilizzare il loro know-how per rendere le aziende dei servizi pubblici locali efficaci ed efficienti. Ma la strada scelta appare di segno opposto. Da un Governo ed una coalizione che si dicono liberisti, in economia, e liberali, nella società, ci saremmo aspettati qualcosa di meglio.

24 ottobre 2003

paolo.passaro@libero.it

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