Fondo unico per il Mezzogiorno, i primi passi della crescita
di Angela Punzi

Quest’anno il rimborso destinato alle imprese per il credito d’imposta nell’ambito della cosiddetta “Visco Sud” è passato dal 10% al 49%. In tal modo il debito che lo Stato rimborserà alle imprese sarà di 1.198 milioni di euro contro i 400 precedentemente previsti. Ed il merito va al nuovo Fondo unico per il Mezzogiorno che ha iniziato a funzionare. A spiegarne il meccanismo, con meritata soddisfazione, è il viceministro dell’Economia, Gianfranco Miccichè. Grazie a questa manovra, le imprese del Sud che avevano fatto ricorso al credito d’imposta prima dell’8 luglio 2002 potranno scontare già quest’anno il 49% del bonus maturato. “Era un credito d’imposta per tutti, senza alcun tipo di regole di utilizzo” spiega il viceministro “oggi, invece, il credito d’imposta viene prettamente finalizzato a quelle attività che sono utili per lo sviluppo del territorio”.

E’ stata creata così la possibilità di destinare le risorse a disposizione allo strumento che in un determinato momento sta tirando di più. Finalmente si è riusciti a liberare risorse prima impantanate in leggi tortuose, non ancora abrogate, risorse che esistevano ma di cui non si poteva disporre. Miccichè spiega che con il nuovo Fondo unico è stato creato un unico “cassetto”, e non più tanti cassetti, come in passato, dove erano chiuse a chiave tutte le risorse disponibili. Ed il riscontro della funzionalità di questo strumento è stato immediato. L’8 luglio dello scorso anno il credito d’imposta in investimenti ed il bonus occupazionale “stavano tirando”, stavano cioè utilizzando risorse in quantità maggiori rispetto a quanto era stato stanziato nelle precedenti finanziarie. E’ stato il panico. L’utilizzo di questo strumento, senza un adeguato controllo, aveva portato ad uno splafonamento del tetto stabilito. Si dovette così bloccare la manovra pur sapendo che esistevano eccessi di risorse (nella 488/92, nei contratti di programma, nella vecchia 64, nella 288 per i fondi destinati alle regioni). Tutte risorse che però non potevano essere prelevate. Eppure, proprio quella situazione di grande disagio e confusione ha spronato la creazione del Fondo unico. Questa accelerazione ha portato a scoprire una quantità di risorse che, ammette onestamente sorpreso il Miccichè, non si aveva alcun sospetto di avere a disposizione.

A coprire l’incremento di risorse hanno contribuito 800 milioni di euro non spese negli anni precedenti. Non solo, da Sviluppo Italia sono state deviate al nuovo Fondo per il Mezzogiorno altre risorse che altrimenti non sarebbero state spese perché il prestito d’onore è partito in ritardo. Inoltre, il ministero delle Attività Produttive, ha messo a disposizione 310 milioni di euro, dimostrando così assoluta collaborazione col dicastero dell’Economia, e smentendo il risentimento per “scippo di risorse” di cui avevano parlato i giornali. 

“In passato mai prima di oggi - continua Miccichè - gli investimenti in conto capitale nel Sud avevano superato gli aiuti di Stato: nelle regioni del Mezzogiorno questi sono sempre stati superiori agli investimenti in infrastrutture”. La strategia politica per il Mezzogiorno avviata si sviluppa esattamente in senso opposto. Secondo il viceministro è inutile continuare ad erogare aiuti di Stato perché il territorio diventi competitivo. “Se gli incentivi sono di compensazione non servono alla competitività, servono solo alla sopravvivenza. Sono sì assolutamente necessari ma non si può continuare ad erogarli all’infinito”. Non è possibile, però, abolire in un solo colpo gli incentivi: così facendo il sistema crollerebbe e le imprese meridionali morirebbero. Al contrario, «il cambiamento deve essere graduale ed accompagnato, ed ogni azienda deve poter decidere quando è il momento di cambiare». Si sta studiando infatti un percorso “soft” di abbandono graduale della 488/92 e di crescita progressiva di un nuovo strumento che crei uno sviluppo virtuoso delle regioni del Sud. Si deve perciò investire quanto più è possibile in infrastrutture, così da far diminuire il gap infrastrutturale col resto d’Italia e d’Europa.

Si ha inoltre bisogno di rischio e di scommessa. Anche da parte del sistema bancario. Così come lo Stato sta scommettendo (e rischiando) sullo sviluppo del Mezzogiorno, anche le banche, secondo Miccichè, dovrebbero partecipare allo sviluppo del territorio. Si dovrebbe, insomma, recuperare la logica con cui è nata la Cassa per il Mezzogiorno, quando l’antica missione della Cassa voluta da Beneduce e Menichella ancora non era stata contaminata. Quando cioè la Cassa ancora non aveva perso le sue caratteristiche originarie, la sua autonomia ancora non era stata minata dall’invadenza dei controlli ministeriali e delle influenze partitiche.

12 settembre 2003

a.punzi@libero.it

stampa l'articolo