Banca Mediterranea, l’Italia può vincere con Milano
di Stefano Ventura

Nel passaggio dall’Europa dei 15 all’Europa dei 25, gli interessi geopolitici dell’Unione tendono evidentemente verso Est. Lo dimostrano anche i corridoi transeuropei ovvero gli accordi e gli investimenti che mirano a sviluppare le reti di trasporto (per terra, cielo e mare) al servizio degli scambi tra l’Unione e i suoi partner orientali, sia europei che asiatici. Questa chiara propensione non mette in ombra, anzi rende urgente, una politica di parallelo consolidamento delle relazioni tra l’Unione e il bacino del Mediterraneo. In quest’ottica va prendendo piede l’idea di istituire, accanto alla Banca Europea per gli Investimenti (che opera prevalentemente sul territorio comunitario) e alla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (impegnata in 27 Stati ex-socialisti tra l’Europa centrale e l’Asia centrale), una Banca Europea per il Mediterraneo.

Da qualche tempo si va profilando la candidatura di Milano a sede dell’istituendo organismo finanziario, sul quale è chiaro che il nostro paese ha un interesse primario, comparabile a quello della Spagna e della Francia. Subito si è aperto il fuoco di sbarramento su questa candidatura, ma il veto non arriva da Madrid o Parigi, bensì da Napoli e Bari, a cominciare dalle colonne del Mattino. Gli argomenti sono suggestivi sul piano emotivo: Milano è una città mitteleuropea, non è nemmeno bagnata dal Mediterraneo come invece Napoli o Bari geograficamente vicine a Tunisi o Istanbul. Pertanto, secondo l'economista Mariano D’Antonio, l’ambizione della città lombarda è “irrealistica, anzi grottesca” e tesa a “incassare un altro trofeo padano”.

Non conviene sottoscrivere queste tesi, meglio affrontare la questione sul piano razionale e sostenere la “candidatura padana”, la sola plausibile per il nostro paese. Si può aggiungere, inoltre, che alimentare la polemica interna è un atto masochistico che può solo indebolire l’Italia e rafforzare proposte contrapposte da Stati che, di fronte all’interesse nazionale, sanno essere più coesi del nostro. Perché puntare risolutamente su Milano? Perché l’oggetto del contendere è un’istituzione finanziaria e le istituzioni finanziarie sono basate sui sistemi relazionali. Per questo esse si localizzano in maniera fortemente accentrata: un solo quartiere in una sola città. Così è per New York o per la City londinese (sede della BERS) che vanta una capitalizzazione di borsa pari a tre volte quella di Francoforte, nonché un’elevatissima concentrazione di merchant banks.

Il capoluogo lombardo, che non è sul podio delle piazze finanziarie europee, è comunque la capitale economica del nostro paese. E’ in questa città (insieme a Londra, Francoforte, Parigi e Madrid) e non a Napoli, che hanno i propri uffici le principali banche italiane ed europee, insieme a quelle dell’altra sponda del Mediterraneo. E’ in questa città, e non a Bari, che ci sono le rappresentanze consolari, di tutti gli Stati europei e di tutti i paesi mediterranei. E’ in questa città che c’è la maggiore rete di rapporti commerciali diretti tra gli imprenditori italiani e le aziende e le istituzioni di Magreb, Nordafrica e Medioriente. E infine, non è vero che Puglia o Campania sono più vicine a quelle regioni rispetto alla Lombardia. Sulla verità geografica prevale la verità delle connessioni trasportistiche. Milano, a differenza di Napoli e Bari, ha voli giornalieri via Malpensa con il mondo intero. Dunque è raggiungibile in minor tempo e a costi ridotti, sopratutto dal Mezzogiorno d’Italia che qui potrebbe interloquire in modo più agevole rispetto a quanto non farebbe in una città spagnola, francese, piuttosto che greca o portoghese. L’alternativa a Milano, non è una città del meridione, è una capitale finanziaria straniera. E’ bene ammetterlo, nell’interesse del Sud Italia: evviva Milano.

4 luglio 2003
 

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