Lo sviluppo dell'Italia passa per il Sud
di Paolo Passaro

Nel corso di una delicatissima fase storica del nostro paese, all’interno di un periodo di cambiamenti epocali globali di natura geo-politica e strategica, può sembrare quasi stonato il riferimento a fatti e situazioni locali. Eppure non si può sorvolare sul tentativo, proposto in maniera morbida, quasi fosse una bonaria provocazione intellettuale da salotto, di far passare il principio di “abolire il Mezzogiorno” che, alla fine, giustificherebbe la circostanza di non parlare degli effetti per eliminare le cause. Lo sviluppo del Sud non è un elemento accessorio della crescita dell’Italia. E’ una pre-condizione necessaria per la sua definitiva emancipazione. Ecco, quindi, che dobbiamo abolire il Mezzogiorno nella sua connotazione di problema isolato, di questione che, secondo alcuni, possa interessare solo coloro che nel Sud ci abitano e ci lavorano. Lo sviluppo armonioso e completo delle regioni meridionali deve essere obiettivo prioritario della classe dirigente nazionale, per la parte strategica; e della classe dirigente delle Regioni meridionali per la promozione di un progetto unitario, articolato e cooperativo. Il progetto di sviluppo del Sud d’Italia deve essere unitario in quanto, anche se in modo molto frastagliato e difforme, le regioni meridionali posseggono una sostanziale omogeneità di fondo, soprattutto di carattere socio culturale. 

Prima dell’impresa viene l’individuo. Lo studio e l’analisi degli atteggiamenti dei singoli risulta fondamentale per individuare asimmetrie del comportamento. Inoltre, un progetto di sviluppo non può prescindere da una visione meta regionale che individui “zone” geograficamente omogenee nei confini “politici” delle regioni (ad esempio la direttrice Adriatica, che comprende Abruzzo, Molise, Puglia). Il progetto deve essere articolato in quanto le varie realtà, per quanto omogenee nel substrato, sono difformi. Non è ipotizzabile un modello ad una sola “dimensione”. Ci vuole un modello multidimensionale che analizzi la realtà non solo nella “superficie” ma anche in “altezza” e “profondità”. A completamento del discorso si pone ora la cooperazione tra le imprese del Sud d’Italia, come condizione necessaria, anche se non sufficiente, per una crescita autonoma e duratura. La durezza della concorrenza internazionale e la struttura tipica delle nostre imprese (produzioni di settori merceologici maturi ad alta intensità di mano d’opera, con basso contenuto di tecnologia) impongono un atteggiamento cooperativo per settori o distretti, invece che competitivo. L’attuale esperienza dei distretti pugliesi mette in evidenza che le piccole aziende agiscono in una logica di filiera che determina un regime di concorrenza perfetta, a valle, tra le aziende subfornitrici, le quali consentono alle imprese committenti di comprimere il costo di produzione per unità, anche in assenza di ulteriori flessibilità come la svalutazione competitiva della moneta o la riduzione del costo del lavoro. Tale procedimento sta mostrando la corda. 

Le aziende dell’indotto, strette tra la morsa della richiesta di commesse a prezzi decrescenti e costi aziendali crescenti, anche per effetto dell’attuale calo che impedisce di utilizzare al massimo gli impianti, si trovano ad affrontare tensioni finanziarie insopportabili. Alcune chiudono, altre tendono a spostare la produzione nei paesi dell’Europa dell’Est dove il costo del lavoro è meno di un decimo di quello italiano. Si tratta di una risposta temporanea e parziale. Inoltre, modifica l’effetto (nel breve periodo) ma non cura la causa. Bisogna traslare la curva dei costi medi mediante una politica di innovazione, basata sui “non price factors”. E’ necessario aumentare la qualità del prodotto e le modalità di vendita. Bisogna agire sul marketing mix: prezzo, produzione, promozione, distribuzione. Un metodo nuovo sarebbe che le aziende della filiera del salotto pugliese aderiscano ad una strategia cooperativa simile a quella analizzata e proposta da John Nash nella “teoria dei giochi”. Si pensi alla realizzazione di un marchio comune “salotto Puglia”; della migliore organizzazione di vendita e di acquisto, sul modello “trading company”; alla razionalizzazione della produzione attraverso lo scambio di commesse per settori e periodi (chi è più scarico di lavoro, prende commesse anche di altri produttori per ammortizzare i costi di struttura). Passare dall’ ”io” al “noi” è la sfida più grande che si pone alle aziende dei distretti ma è l’unica soluzione per sopravvivere e rilanciare per nuovi successi, nella competizione planetaria attualmente in essere. 

11 aprile 2003

stampa l'articolo