Banche e Mezzogiorno, due luoghi comuni da sfatare
di Alessandro Bezzi

E’ un significativo contributo al dibattito quello che Fabio Panetta ci offre con il paper "Evoluzione del sistema bancario e finanziamento dell’economia nel Mezzogiorno", appena pubblicato dal Servizio Studi della Banca d’Italia. In estrema sintesi la ricerca mette in discussioni due (fin qui) certezze, ossia che le banche: destinerebbero a investimenti localizzati nel Centro-Nord parte significativa dei capitali raccolti nel Mezzogiorno; e che applicherebbero ai prestiti delle imprese meridionali tassi di interesse ben più elevati rispetto a quelli praticati nell’Italia settentrionale.

Sul primo punto, l’indagine di Panetta evidenzia che nel Mezzogiorno il rapporto tra finanziamenti e raccolta bancaria è cresciuto dal 75% del 1995 all’ 85% degli ultimi anni. E pur ad ipotizzare che il 15% di raccolta non impiegata nel Sud Italia sia utilizzata per finanziare imprese del Nord, ebbene va detto che tali risorse inciderebbero solo per il 3,5% del fabbisogno di quest’altra area del paese. Oltretutto il criterio di attribuzione territoriale dei prestiti tiene conto della sede legale delle imprese e non della localizzazione dei siti produttivi; con ciò si dà luogo a una sottostima degli impieghi nel Mezzogiorno dove pure sono presenti aziende a capitale esogeno. Dato molto interessante è quello che scaturisce dall’analisi dei bilanci degli istituti di credito: il trasferimento di capitali da Sud a Nord non può essere imputato a una strategia preordinata delle banche settentrionali. Proprio queste, difatti, impiegano nel Mezzogiorno più di quanto raccolgano in tale area.

Sul secondo punto la ricerca rileva che l’attuale differenziale sui tassi a breve applicati nelle due macroaree considerate è pari a 1,6 punti percentuali. Questi si riducono a 0,9 se si applica una ragionevole correzione imposta dalla considerazione che “nelle regioni meridionali sono maggiormente presenti imprese appartenenti a classi dimensionali e settori che anche nel Centro-Nord sono caratterizzati da tassi bancari più elevati in ragione delle loro caratteristiche finanziarie, reddituali e patrimoniali”. Su queste basi Panetta stima nell’ordine dello 0,9% il differenziale ottenuto “attribuendo alla clientela bancaria meridionale la stessa composizione settoriale e dimensionale della clientela del Centro-Nord”. Rimane da spiegare se e come si giustifichi tale , seppur ridotto, differenziale. In proposito Panetta, calcolando il rapporto tra sofferenze e impieghi alla stessa clientela bancaria standardizzata, ricava che quanto a rischiosità degli investimenti vi è una sensibile differenza tra Nord e Sud. Tale risultato, evidentemente, va posto in relazione con le (dis)economie esterne, che incidono sulle imprese nei diversi territori del paese.

E’ possibile, all’esito di questo studio, concludere che gli Istituti di Credito operano sulla base di criteri tendenzialmente omogenei in tutto il territorio nazionale? Certamente no. Non bisogna perdere di vista che l’analisi sui tassi condotta da Panetta è dichiaratamente circoscritta alle operazioni creditizie di breve termine. Queste, nella maggioranza dei casi, sono implementate nell’ambito di attività in conto gestione, sicché finanziano i costi (materie prime, trasporti, personale, ecc.) necessari per dare esecuzione agli ordini di acquisto dei clienti che pagano dopo la fatturazione, magari a 180 giorni. In casi siffatti l’istruttoria bancaria dalla quale dipende l’accesso al credito e il tasso applicato ha per oggetto non tanto l’azienda che richiede il finanziamento, quanto piuttosto i contratti in corso, sicché spesso il rating riguarda la clientela dei prenditori.

Assai diverso è il processo decisionale per le operazioni creditizie a medio/lungo termine, con le quali, per lo più, si finanziano gli investimenti materiali (fabbricati, impianti, macchinari) e immateriali (licenze, brevetti, ecc.) dai quali dipende la nascita o lo sviluppo delle realtà imprenditoriali. In questo caso l’istruttoria bancaria dovrebbe basarsi, oltre che su parametri finanziari, sulle previsioni di sviluppo economico dell’azienda. Evidentemente è in questo ambito –estraneo al paper – che i differenziali di tasso tra Nord e Sud si fanno più acuti e rappresentano un’ulteriore diseconomia per gli investimenti nelle aree sotto utilizzate del paese.

11 aprile 2003

stampa l'articolo