Ideazione analizza il calcio in bancarotta
di Alessandro Bezzi

Il calcio malato corre ai ripari. Ma mentre le Leghe preposte al governo del pallone arrancano dietro progetti innovativi di difficile realizzazione (cambio dei gironi e annullamento delle retrocessioni in corso) le società che devono affrontare le emergenze economiche immediate muovono i primi passi. Verso un risanamento che metta la parola fine ad anni di spese folli, di contratti gonfiati, di bilanci dubbi. E’ notizia di questi giorni che la Lazio, una delle società al centro del ciclone, è riuscita a mettere attorno a un tavolo i dirigenti impegnati nella difficile opera di salvataggio del dopo-Cragnotti e i procuratori dei calciatori: obiettivo, rinegoziare i contratti dei propri giocatori. La trattativa è avviata e il fatto che i procuratori si siano dimostrati disponibili al confronto è un bel passo in avanti: tutti sembrano aver compreso che una stagione si è chiusa e che occorre rimettere mano ai meccanismi del sistema per evitare un domani senza calcio.

Se la Lazio – la squadra italiana che nell’ultimo lustro aveva raccolto più trofei e vittorie in campo nazionale ed europeo – si ritrova sull’orlo del baratro, un’altra storica società, la Fiorentina - ancora due anni fa in Champions League e vittoriosa in Coppa Italia - di fatto non esiste più. Cancellata dalla pessima gestione di Cecchi Gori è dovuta rinascere sotto altro nome e riprendere dai campi in terra battuta della C2. E, secondo le dichiarazioni del presidente della Lega calcio, il milanista Adriano Galliani, se queste sono le punte dell’iceberg, molte altre società sarebbero più o meno nella stessa situazione. O ci si potrebbero trovare a breve scadenza. Il modello non è più quello dell’Inter del petroliere Moratti o del Milan del magnate Berlusconi, né quello della Lazio dello spregiudicato finanziere Cragnotti. E’ quello del Chievo, squadra di un piccolo borgo veronese che il presidente Campedelli, proprietario dell’azienda di pandori Paulani, gestisce con severo piglio di risparmiatore. Il Chievo stupisce l’Italia e il Parma dell’industriale Tanzi, dimenticati i fasti di Cannavaro e Buffon, vi si è messo sulla scia, seguito dalla Lazio formato Capitalia. Le nuove parole d’ordine sono: risanare, contenere i costi e fare spazio ai giovani.

La questione calcio ha subito assunto una dimensione politica. Il campionato nazionale è partito con un mese di ritardo, prima volta in Italia, per la protesta dei piccoli club rimasti esclusi dagli introiti televisivi delle tv a pagamento, una delle cause dell’improvvisa pioggia di miliardi piovuta sul pallone e oggi quasi prosciugata. Il governo (il cui premier è anche presidente onorario di una delle squadre più prestigiose) è intervenuto varando poche settimane fa una legge che aiuterà i club ad affrontare il risanamento economico. Ma, come presidente della sua squadra di calcio, non ha lesinato fior di euro per assicurarsi una serie di campioni andando in controtendenza rispetto alla nuova ventata di austerithy. Soldi e passioni, bilanci ed emozioni, il calcio è uno sport, un’impresa economica, una bandiera e mille altre cose che si contraddicono fra loro.

Il bimestrale Ideazione, nel numero di marzo-aprile appena uscito in edicola, dedica all’argomento una corposa sezione di approfondimento, “Il calcio nel pallone”. Si parte dalle dure leggi dell’economia, con un bel saggio denso di note e tabelle di Mauro Marè, ordinario di Scienza delle finanze all’Università di Viterbo: un professore che sa di cosa parla giacché ambirebbe a passare più tempo sugli spalti degli stadi che sulle cattedre dell’Università. Ma dato al tifoso quel che è del tifoso, Marè snocciola i numeri della crisi, le ragioni degli errori gestionali e finanziari, l’illusione dei diritti televisivi, le specificità del business-calcio, le distorsioni del mercato, gli esempi del salary-cap.

Negli ultimi anni alcune società italiane come Lazio, Roma e Juventus (in rigoroso ordine cronologico) hanno affrontato la scommessa della quotazione in borsa. Una scommessa che oggi mostra limiti preoccupanti. Stefano Mensurati, caposervizio della redazione economica del Giornale Radio Rai, ha realizzato un reportage andando in giro per l’Europa per raccontare le esperienze dei club continentali, a cominciare da quelli inglesi che inaugurarono la stagione dell’ingresso nel mercato azionario. Struttura, composizione e valore economico dei club, il business del merchandising, gli immobili di proprietà: ma anche all’estero non è tutto oro quello che luccica. Chiudono la sezione due interventi prestigiosi. Il primo di Italo Cucci, storico direttore di molte testate sportive (dal Guerrino al Corriere dello Sport) che gli sono valse una docenza in Sociologia dello sport all’Università di Teramo e alla Luiss di Roma: lo potete leggere qui di seguito anche sull’edizione online. Il secondo è un’intervista allo scrittore inglese Tim Parks, curata da Vittorio Macioce, redattore culturale del Giornale. Parks, autore di “Questa pazza fede”, un libro nel quale racconta l’insana passione per i colori gialloblù dell’Hellas Verona, chiude il cerchio di una sezione molto interessante. Dal business alla passione e ritorno: il mondo folle del calcio che di follia può morire.

14 marzo 2003

stampa l'articolo