Emporion: tutte le strade portano ad Est
di Elisabetta Di Virgilio


Il futuro sviluppo dell'Europa passa per i corridoi paneuropei. E' sul sistema delle comunicazioni interstatuali infatti che si gioca gran parte della scommessa sulla crescita del Vecchio continente. Proprio per l'importanza tributata a questo tema, ormai sempre più all'ordine del giorno dell'agenda politica europea, il nuovo numero di Emporion - on line in questi giorni - tratta, sfaccettandolo in tutti i suoi più complessi aspetti, il problema dei cosiddetti sistemi di trasporto intermodale: strade, porti, ferrovie, aeroporti, ma anche gasdotti, oleodotti, terminali per container, autostrade telematiche, che da Ovest muovono verso Est, creati o rinnovati per facilitare il trasporto di merci, persone, fonti energetiche ma anche culture, informazioni e conoscenze. I corridoi sono in tutto dieci, tre dei quali già funzionanti, e tagliano, come a formare un vero e proprio reticolo, l'Europa centro-orientale e in particolare i paesi della penisola balcanica, da Nord a Sud e da Est ad Ovest, fino all'Ucraina, fino ad Oriente. Nascono, progettualmente parlando, dopo la caduta del muro di Berlino. Un'intuizione geopolitica per riaprire all'Ovest le porte dell'Est post-comunista. E, sotto l'impulso e la guida delle istituzioni comunitarie, prendono corpo negli anni Novanta: con la prima conferenza paneuropea sui trasporti di Praga, nel 1991, in cui si dà l'avvio all'intero progetto; con la conferenza di Creta nel 1994, durante la quale vengono tracciati nel dettaglio i percorsi dei primi nove corridoi; fino alla conferenza di Helsinki nel 1997, in cui è stato stabilito il numero di dieci e dato inizio ad una progettazione più ampia per favorire il collegamento transviario dell'intera area.

Gli obiettivi della Rete transviaria europea coinvolgono l'intera area balcanica: il fine principale - specifica Alessandro Valle a colloquio con Cristina Missiroli - è quello di sottrarre questa parte d'Europa ai rischi di un isolamento ancor più profondo. In effetti, lo spostamento a Nord-Est del baricentro degli interessi economici e politici dell'Ue, aggiunto ad una condizione di arretratezza dell'area soprattutto nel sistema delle comunicazioni - uno dei tanti prezzi pagati per dieci anni di conflitti - hanno obbligato ad un ripensamento complessivo dell'intero sistema, anche con lo scopo di favorire il processo di stabilizzazione interna. Ma gli interessi messi in campo con questo progetto sono molteplici, anche per quei paesi coinvolti solo indirettamente dal piano. Soprattutto perché i corridoi paneuropei rappresentano solo un primissimo passo verso la costituzione di un Network paneuropeo dei trasporti. "Oltre ai corridoi veri e propri - scrive Giuseppe Mancini - gli elementi di questa strategia complessiva sono la microdimensione dei Tina (Transport Infrasctructure Needs Assessment), per il completamento dei reticoli di rilevanza prevalentemente interna dei paesi prossimi membri dell'Ue; la macrodimensione dei network transeuropei, di cui i corridoi sono parte integrante, per l'innervatura di tutto il continente europeo; le Aree paneuropee di trasporto (Petra), che riguardano le zone marittime del Mediterraneo, del Baltico, del mar Nero e della zona ionico-adriatica; soprattutto, i Corridoi euroasiatici di terra, che costituiscono il prolungamento dei corridoi paneuropei all'Asia, dando alla penisola balcanica un ruolo di assoluta centralità soprattutto per quanto riguarda il trasporto delle risorse energetiche dall'Asia centrale in Europa".

Un discorso a parte Emporion lo affronta quando parla dell'Italia. E quando tratta nello specifico dei corridoi che interessano direttamente il nostro paese: il corridoio 5 che congiunge Venezia-Trieste-Lubiana-Budapest-L'vov e Kiev, e il corridoio 8 che collegherà l'Adriatico al Mar Nero passando per Albania, Macedonia e Bulgaria. L'impressione che se ne trae è che la posta in gioco per il nostro paese sia troppo alta per perdere questa occasione di apertura ad Est. Lo è dal punto di vista geoeconomico ma lo è anche da un punto di vista strettamente strategico: solo così è possibile pensare di fare da pandant all'asse che attraversa longitudinalmente il Nord dell'Europa. Ma la strada è lunga e tortuosa. Ne sono consapevoli gli addetti ai lavori, cui dà voce il viceministro Adolfo Urso che parla di una "domanda balcanica di Italia" cui è necessario rispondere prontamente. E ne sono consapevoli anche gli esperti in materia, come il generale Calo Jean, che vede chiaramente i rischi di una politica poco incisiva in questa fase da parte del nostro paese. Le strade dell'Europa sempre più portano ad Est, che si chiami allargamento o si chiami riunificazione è sull'altra sponda dell'Adriatico che l'Ue si gioca la partita più impegnativa.

6 dicembre 2002

lisadivirgilio@hotmail.com

 

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