Manifestare è un diritto. Ma non è l'unico
di Vittorio Mathieu


Il rimedio più radicale contro la disoccupazione lo vidi scritto molti anni fa, a caratteri di scatola, su un muro di Palma de Mallorca: "Contra el paro, huelga general". Infatti, se ci fosse uno sciopero generale a tempo indeterminato, il problema della disoccupazione non ci sarebbe più. Ormai, però, gli scioperi non hanno più questo tono drastico e, per opporsi efficacemente alla disoccupazione, devono collegarsi con qualche altra manifestazione di disagio: in particolare, con blocchi stradali, portuali, ferroviari. Il caso di Termini Imerese è tipico. Anche altri stabilimenti Fiat hanno un destino incerto, e lo guardano con inquietudine, ma anche con disponibilità a cambiare. Ossia, a cambiare padrone, prodotti, attività. A Termini Imerese si direbbe che non debba cambiare nulla: che i clienti riottosi debbano essere obbligati per legge a comperare modelli di auto non più desiderati, nella stessa quantità di prima. I blocchi stradali, in altri termini, sono il simbolo di un più generale desiderio di bloccare il tempo in cui tutto passa. Forse sono un indizio di blocco mentale.

Il desiderio è comprensibile, e manifestarlo è un diritto. Ma il diritto a manifestare le proprie opinioni non dà diritto di calpestare i diritti altrui, in particolare quello di circolare. "Navigare necesse est" dicevano gli antichi, e non si riferivano soltanto alla navigazione sullo Stretto di Messina: si riferivano alla mobilità in genere, necessaria alla vita. Per contro si direbbe che l'essenza di ciò che chiamiamo "manifestazione" consista nell'impedire ad altri di muoversi: nell'ipotesi più blanda, con cortei che ostacolano il traffico; se no con picchetti, barricate, violenze. Eppure chi circola, più spesso che per divertirsi, lo fa per lavorare. Manifestare in favore del diritto al lavoro impedendo di lavorare è dunque manifestare contro ciò che si afferma di volere: così come la "Huelga general" combatte la disoccupazione sopprimendo l'occupazione. Nel nostro caso, tra l'altro, lo sciopero è un consistente favore fatto ai capitalisti, i quali hanno bisogno di diminuire la produzione, e così risparmiano il costo dei salari.

22 novembre 2002
 

stampa l'articolo