Fiat, ma quanto ci costi?
di Cristina Missiroli

“Una fase iniziale di forte riduzione dei costi e di rilancio della gamma dei prodotti", con "l'obiettivo di riposizionare l'azienda sul mercato e rilanciare la domanda”. Con questi progetti l'amministratore delegato della Fiat Gabriele Galateri è andato a bussare alle porte di Palazzo Chigi. Non ha parlato esplicitamente di “tagli”, ma ha chiesto al governo di porre “attenzione all'impatto occupazionale”. Un modo diplomatico per dire: se non ci aiutate, la crisi scoppierà in mano anche a voi. Il ricatto non è nuovo. Sono anni che lo stato tappa i buchi dell’azienda di Torino.

Non a caso il Financial Times ha recentemente pubblicato un giudizio feroce sulla gestione Fiat. Banchieri e analisti finanziari sostengono in continuazione che i “tagli” dovevano essere fatti molto tempo fa. Dicono anche che forse è troppo tardi per evitare che la Fiat “diventi una filiale della General Motors”. “L’azienda – si legge FT - soffre da anni di un eccesso di capacità produttiva e di organico. Erano abituati ad acquisire una leva politica mantenendo i posti di lavoro al Sud. Adesso le perdite sono troppo grandi per giustificare questa pratica”. Un’analisi spietata fatta su basi risapute. Basi cui i radicali hanno recentemente dato corpo numerico. Due settimane un’iniziativa pannelliana ha reso noto uno studio sui soldi gettati dallo stato nel calderone di casa Agnelli. L'abuso della cassa integrazione, la violazione delle regole sulla concorrenza e la mancata riforma degli ammortizzatori sociali sono, secondo i radicali, un prezzo che l'Italia non poteva e non può permettersi di pagare.

E allora ecco i numeri che danno loro ragione: 6.372.929.914 ore di cassa integrazione guadagni straordinaria, erogate dal primo gennaio 1977 al 28 febbraio 2002, - si legge nella relazione scritta da Michele De Lucia, dirigente di Radicali Italiani, - sono costate allo Stato 238.000 miliardi di lire, ovvero circa 120 miliardi di euro e non hanno contribuito a salvare nemmeno un posto di lavoro. Ciononostante - scrive ancora De Lucia - il ricorso alla cassa integrazione straordinaria nel settore grande industria durante il primo semestre 2002, e rispetto al primo semestre 2001, riscontra un +48,9%. Una crescita che raggiunge il picco nel mese di giugno 2002, quando, rispetto al giugno dell'anno precedente, l'incremento è del +177,5%. Numeri inquietanti. Speriamo che il governo li abbia sott’occhio.

11 ottobre 2002

stampa l'articolo