Riforma delle pensioni: appello degli economisti
di Cristina Missiroli

"E' necessario ed urgente che il Governo, forte di una maggioranza elettorale e parlamentare senza precedenti, respinga gli inviti ipocriti a ulteriori rinvii e ponga mano ad una incisiva riforma della previdenza, prima che, già a partire dall'anno prossimo, si apra il lungo ciclo elettorale che porterà alla fine della legislatura". E' questo il succo dell'appello al governo scritto da Benedetto Della Vedova, eurodeputato ed economista radicale, assieme ad un esperto di previdenza come Giuliano Cazzola. Il documento, invita il governo a metter mano subito alla riforma ed è sottoscritto da numerosi ed autorevoli economisti, è stato pubblicato domenica nelle prime pagine de Il Sole 24 Ore. Della Vedova lo ripresenterà sabato prossimo nel corso del seminario organizzato da "L'opinione delle Libertà" a Tolfa.

Da tempo i radicali sono convinti sostenitori della necessità di intervenire sul sistema previdenziale. Perché penalizza l'occupazione e la competitività delle imprese, drena il risparmio e limita il welfare. Questa volta però i radicali non sono soli a gridare nel deserto. Accanto alla firma di Della Vedova, oltre a quella di Cazzola, si leggono molti nomi significativi. Come quello di Giampaolo Galli, capo economista della Confindustria, Renato Brunetta economista ed esponente di Forza Italia. Oltre ad uno stuolo di professori universitari. Secondo i firmatari del documento è in primo luogo necessario difendere dagli attacchi strumentali dei sindacati l'asse portante dell'attuale disegno di legge-delega del Governo. Il provvedimento in questione, infatti, prevede lo smobilizzo generalizzato degli accantonamenti di trattamento di fine rapporto e l'avvio di un processo di decontribuzione a partire dai nuovi assunti. I problemi di finanza pubblica che il disegno di legge-delega necessariamente comporterà, devono secondo i firmatari dell'appello, essere compensati da interventi mirati volti a contenere la spesa pensionistica, "assai più seri e credibili di quelli, modesti e probabilmente inutili, ora previsti". Perché - si legge nel documento "ogni giorno che passa in assenza di provvedimenti incisivi, prepara il terreno per nuove ingiustizie, indebiti arricchimenti, "profitti di regime" e per futuri provvedimenti sempre più dolorosi.

Non vi è ragione, né economica né sociale, che giustifichi il mantenimento di un sistema previdenziale la cui "generosità" (a favore dei settori del mondo del lavoro più fortunati) non ha pari. Una politica miope, succube dei sindacati e incapace di superare le resistenze corporative in nome dell'interesse generale e soprattutto di coloro che oggi non hanno voce come i futuri contribuenti, ha fino ad oggi ignorato il problema rinviando qualsiasi soluzione duratura e strutturale. I costi per il finanziamento del sistema pensionistico pubblico pesano come macigni sul costo del lavoro, penalizzando l'occupazione e la competitività delle imprese; impediscono il finanziamento dei più basilari istituti di welfare a favore di chi più avrebbe necessità; drenano risparmio previdenziale che potrebbe essere destinato in parte consistente al finanziamento di programmi di previdenza integrativa e per questa via contribuire allo sviluppo economico".

Questa volta l'appello potrebbe non cadere nel vuoto e trovare terreno fertile sia a Palazzo Chigi che in Parlamento. Malgrado le perplessità della Lega e l'opposizione dei sindacati. Da qualche tempo infatti quello che il Corriere della Sera chiama "il partito della riforma delle pensioni" continua a fare proseliti. Eccellenti. Tanto è vero che al governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, si accoda oggi il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Mentre l'accenno fatto dal ministro del Welfare Roberto Maroni alla possibile introduzione del metodo contributivo per tutti, rafforza le motivazioni e le speranze degli economisti che hanno a cuore il tema.

27 settembre 2002

missiroli@opinione.it

 

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