Bce: la prima volta di un greco
di Federico Vasoli
Avvolta in un'ovattata coltre di silenzio, lontano dalla gelida
Eurotower di Francoforte, a Oviedo, per la precisione, la Banca
Centrale Europea si ritrova un nuovo vicepresidente, in
sostituzione dell'uscente Christian Noyer, Lucas Papademos, greco
in quanto a nome, americanissimo in quanto a titoli: B.S. in
Physics, M.S. in Electrical engineering e Ph.D. in Economics. Il
plurigallonato cinquantaquattrenne campione d'Atene, tuttavia,
preferisce l'understatement, stile che certamente si confà
all'ambiente delle banche. Fin da marzo, come scriveva il Guardian,
era chiaro che la scelta dei ministri delle Finanze dell'Unione
Europea sarebbe ricaduta su Papademos. La decisione si può
interpretare alla luce del fatto che, nonostante gli accorati
appelli del presidente Wim Duisenberg a lasciare a casa gli
interessi nazionali, in sede di Consiglio, i ministri dei governi
europei cercano di piazzare i propri uomini nei posti che contano.
All'interno dell'istituzione economica per eccellenza dell'Unione,
la Bce, si consumerà tra non molto un melodramma dal genuino
sapore politico, ossia la successione al "tedesco" Duisenberg,
successione che, secondo quanto noto, dovrebbe in realtà essere
una staffetta con il francese Trichet.
Ora, Papademos con questi giochetti non sembra aver nulla a che
fare. La sua carriera accademica negli Stati Uniti costituisce già
da sé una credenziale non da poco, ma quanto egli ha messo in
pratica al timone della Banca centrale greca stronca qualunque
dubbio sulle sue capacità, mutuate dalla formazione nel campo
della politica monetaria Usa e dall'esperienza nella Federal
Reserve. Nel 1994, in qualità di vice-governatore, difese con
successo la dracma greca contro un massiccio attacco speculativo.
Le sue competenze in politica monetaria potrebbero rivelarsi
preziose nei primi anni di vita dell'euro. Papademos, inoltre, non
è mai stato vicino a nessun partito e, anzi, è riuscito nel 1997 a
svincolare completamente, almeno dal punto di vista giuridico, la
Banca centrale greca dal sistema politico. Di lui hanno detto bene
sia Schröder, sia Tremonti. Ma il suo risultato più incisivo e
appariscente rimane certamente l'ingresso della Grecia nella
moneta unica, risultato che solo nel 1998 sembrava
irraggiungibile. Il riservato timoniere ha ereditato l'economia
europea più disastrata, un'inflazione che all'inizio degli anni
'90 era attorno al 20 per cento e un rapporto debito-Pil del 16
per cento. Nel 2001, questi numeri sono stati divisi per dieci:
inflazione sotto il 2 per cento e rapporto debito-Pil all'1,5 per
cento. Robe da "Tigri asiatiche" dei bei tempi.
Questi successi, l'incerta situazione economica europea che
richiede una massiccia dose di preparazione a lavorare sotto
pressione e il fatto che i mercati di regola puniscono le scelte
prese per meri motivi politici hanno probabilmente spinto l'Ecofin
a nominare Papademos. Ma anche le esigenze di scostamento dal
rigido modello Duisenberg, che vede nell'inflazione la causa di
tutti i mali, e di sintonia con la Fed del magico Alan Greenspan,
quest'ultima dovuta forse anche all'avanzata di governi di
centrodestra in Europa a scapito della quasi-egemonia
socialdemocratica degli anni passati, possono aver pesato non
poco. Potrebbe essere questo un importante segnale i paesi membri
stanno scaldando i muscoli e formando alleanze per la partita più
importante, quella che vedrà il probabile addio di Duisenberg.
10 maggio 2002
federico_vasoli@hotmail.com
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