Mercati finanziari e giustizia amministrativa
di Massimo Lo Cicero


La Consob è l’autorità indipendente che vigila sui mercati mobiliari per garantire l’efficienza del loro funzionamento: nell’interesse di tutte le parti interessate – risparmiatori ed imprese – che ambiscono ad ottenere quel risparmio per finanziare i propri progetti di espansione. Una decisione della Consob è stata platealmente sconfessata da una sentenza della giustizia amministrativa: il Tar ha accettato il ricorso del gruppo Pirelli al quale la Consob aveva detto di consolidare i propri bilanci con quelli del gruppo Telecom: essendo, di fatto, il gruppo di controllo dell’impresa che eroga servizi di telecomunicazione. La motivazione del Tribunale amministrativo arriva pochi gironi dopo la relazione annuale del professor Spaventa, il presidente della Consob, che aveva segnalato come la diffusione della figura dell’azionista di comando fosse stata una caratteristica, nella recente dinamica della struttura finanziaria, dell’industria italiana.

Questa concentrazione del comando non viene considerata da Spaventa una circostanza in sé preferibile, o meno, a quella di un azionariato diffuso. Il punto è che, se esiste comando, il mercato deve essere consapevole delle conseguenze di questo comando, in termini di responsabilità del valore da creare per chi comanda. Inoltre, se esiste comando, le decisioni di chi esercita il comando devono essere adeguate all’evolversi dell’ambiente esterno all’impresa. Sia l’azionista di comando che gli azionisti diffusi sono da giudicare caso per caso. Certo è, tuttavia, che se esiste un azionista di comando il controllo è meno contendibile. Perché il comando si cede per scelta di un unico soggetto o in caso di clamoroso dissesto. Se, invece, l’azionariato è diffuso, il piccolo azionista può votare con i piedi, cedere le proprie azioni separatamente dagli altri ed andare via dalla platea societaria. In questo modo la società può essere scalata da chi si offra di raccogliere le singole decisioni di tanti azionisti. Il mercato, di conseguenza, domina la formazione dei gruppi di comando: nel caso degli azionisti unici è più chiara la responsabilità di ultima istanza ma è anche più rigido ed autoreferente il sistema degli accordi che governa il mercato, attraverso le intese tra gli azionisti di comando.

Sulla base di questi motivi, la Consob aveva chiesto a Pirelli di presentare una situazione economica e patrimoniale consolidata del gruppo controllante, la Pirelli medesima, e del gruppo controllato, la Telecom: perché gli azionisti della Pirelli avessero contezza del complesso patrimoniale e finanziario, del quale hanno comprato i diritti di ultima istanza sul controllo. Il Tar ha bocciato questa richiesta per motivi essenzialmente procedurali. Il tribunale non ha condiviso la circostanza che in situazioni simili fosse stato diverso il comportamento prescrittivo della Consob. Ma, soprattutto, il tribunale ha giudicato che la procedura con cui si è giunti alla decisione avrebbe visto la partecipazione attiva dei dirigenti della Consob e non solo dei commissari della stessa.

La storia in questione mostra alcuni tratti singolari del rapporto tra autorità indipendenti e mercati in Italia. Le autorità indipendenti non difendono le parti in causa ma i beni pubblici: la reputazione dei mercati finanziari, il diritto alla trasparenza e alla correttezza delle informazioni, l’efficienza del processo di formazione nel prezzo dei titoli. La Consob non tutela i diritti individuali dei risparmiatori e degli emittenti: tutela il mercato. Perché se il mercato è in grado di funzionare, è lo stesso mercato a rappresentare una garanzia per gli attori che decidono di partecipare alle transazioni. La Consob, insomma, non è un tribunale cui si chiede giustizia per il proprio diritto quando esso venga leso. In questo caso, invece, la Pirelli ha presentato un ricorso contro la richiesta di Consob ad un tribunale amministrativo e, quest’ultimo, è intervenuto esercitando la propria giurisdizione sul comportamento dell’autorità indipendente. Dunque, è come se il fatto che la tutela del mercato sia un bene pubblico qualifichi formalmente la Consob come un ufficio dello stato: perché i beni pubblici non possono non essere prodotti dallo stato.

La costituzione delle autorità indipendenti, al contrario, nasce dalla percezione che lo stato non può garantire l’esistenza dei mercati come garantisce la difesa nazionale: con una propria organizzazione. Ma deve demandare quel compito ad una autorità terza: diversa e distinta da tutti gli interessi in gioco, anche dagli interessi dello stato stesso che, in certi casi, potrebbe esso stesso minacciare l’efficienza del mercato. Il tribunale ha accolto il rifiuto della Pirelli di aderire all’invito della Consob, ma non si è pronunciato sul merito del problema: non ha detto se il controllo della Pirelli su Telecom esista, come ritiene la Consob, o meno. Il tribunale ha detto che era viziato il procedimento con cui Consob aveva assunto la decisione di chiedere quel consolidamento, che avrebbe mostrato le conseguenze contabili del controllo presunto della Pirelli sulla Telecom.

Con tutto il rispetto siamo di fronte ad un sistema che arranca. Senza entrare nel merito in poche righe, basta pensare che ora le imprese ed i risparmiatori, gli attori del mercato, sono ancora più confusi. Tre mesi prima non sapevano se si dovessero consolidare o meno i conti dei due gruppi perché non era chiaro se esisteva o meno il controllo. Ora, dopo che la Consob aveva espresso la propria opinione, un tribunale afferma che quell’espressione di volontà era viziata nella forma. Ma la Pirelli controlla la Telecom? Dopo la sentenza, rispondere a questa domanda è ancora più difficile e, dunque, l’incertezza è aumentata: con grave danno per la reputazione del mercato e dell’ordinamento che dovrebbe tutelarlo. Includendo nel concetto, metagiuridico, di ordinamento l’ambiguo confine tra giustizia amministrativa ed autorità indipendenti.

12 aprile 2002

maloci@tin.it

 

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