Greenspan: bisogna tornare a
scuola di finanza
di Carlo La Moneta
La crisi del gruppo Enron testimonia come la scena dei mercati
finanziari sia mutata radicalmente con la diffusione della finanza
derivata: quella che si costruisce sulle opzioni e le “ingegnerie”
che sfidano l’incertezza trasferendo alle controparti il rischio
delle operazioni sottostanti. Essa testimonia anche che i
predatori moderni, i robber barons, non sono solo accampati al
crocevia tra banche e spesa pubblica. Come accade nel capitalismo
renano ed europeo. Quando la macchina che produce ricchezza si
colloca nel perimetro delle grandi imprese private, i robber
barons scelgono quel bersaglio per le proprie attività predatorie.
Ma quella crisi ha anche alimentato la reazione intellettuale di
larga parte della cultura economica del vecchio continente: che ha
riproposto la propria diffidenza verso i mercati finanziari
globali ed auspicato nuove regole e controlli.
Si rifletta su questo evidente paradosso: Greenspan, nella sua
testimonianza resa al Senato degli Stati Uniti, dice che ci vuole
una stagione di alfabetizzazione finanziaria, serve financial
literacy. Perché solo la capacità, dei risparmiatori e dei media,
di capire quello che accade sui mercati è la garanzia del loro
ordinato funzionamento. La stampa europea, con variegata
intensità, sposa la tesi di maggiori controlli e regole più
rigorose, a tutela della mancata alfabetizzazione dei
risparmiatori. Il tutore del sistema incita gli individui a
reggere la sfida della knowledge based economy mentre coloro, che
dovrebbero aiutare l’opinione pubblica a formarsi un giudizio
consapevole, si augurano che a quel giudizio consapevole si
sostituiscano un esercito agguerrito di custodi ed un insieme di
regole ferree. Dimenticando la celeberrima lezione della satira di
Giovenale: Quis custodiet ipsos custodes?
1 marzo 2002
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