Il Censis fotografa l'Italia del nuovo millennio
intervista a Giuseppe Roma di Pierpaolo La Rosa

Come ogni anno, il rapporto Censis sulla situazione sociale dell’Italia fotografa i fenomeni più interessanti - e perché no curiosi - che hanno riguardato i diversi settori socioeconomici: dal mondo della scuola e dell’università al mercato del lavoro, dalla pubblica amministrazione ai mezzi di comunicazione. Una mole impressionante di dati statistici e tabelle; e per meglio orientarci in questa babele di numeri abbiamo chiesto aiuto al direttore del Censis, Giuseppe Roma.

Direttore, quale Italia emerge dal rapporto Censis per il 2001?

Viene fuori un’Italia che guarda con razionalità, perfino con serenità, ai traumi che si sono verificati quest’anno: in primo luogo gli attacchi terroristici dell’11 settembre scorso, ma anche la crisi delle Borse o l’arretramento della nuova economia. Siamo un paese che è cresciuto in responsabilità sotto molti punti di vista: c’è più lavoro - anche se precario - e i consumi tengono - pur se selettivi - In fin dei conti, in un contesto internazionale così difficile abbiamo dimostrato come possa essere vincente un modello adattivo e non uno pianificato. Siamo più forti noi che, rispetto ai problemi e alle condizioni concrete, sappiamo comunque dare sempre delle risposte: risposte non in termini di paura, di terrore, di panico, ma di lucidità e se vogliamo di freddezza.

Dall’indagine sembra però che gli italiani siano più spaventati dall’Euro (ben il 78 per cento è convinto che almeno nella prima fase nessuno capirà un bel nulla della moneta unica europea) che da possibili attentati terroristici (appena il 52 per cento). Com’è possibile?

Se è per questo, hanno più timore di andare a finire sotto una macchina: del resto, se guardiamo quello che succede nella realtà di tutti i giorni, da noi si muore persino sugli aerei per banali incidenti, il che è forse uno dei limiti del nostro paese. Certo, le paure sono diffuse: il giovane lavoratore precario si chiede se avrà o no una pensione, il cibo, la mobilità. Sono tante le questioni che ci danno un senso di incertezza. E’ una situazione migliore di qualche anno fa quando invece scaricavamo tutto sulla paura che la microcriminalità fosse legata all’immigrazione, mentre oggi siamo a conoscenza di cosa avere paura e come comportarci di conseguenza.

Un altro dato interessante riguarda la conflittualità sociale, che nell’ultimo periodo è diminuita un bel po’…

Il conflitto di tipo tradizionale è un processo che viene da lontano: avevamo quasi otto milioni di lavoratori che scioperavano mediamente ogni anno tra il 1980 e il 1985, siamo poi passati a tre milioni nei primi anni Novanta, oggi ci troviamo ormai sotto al milione. Diciamo che lo scontro diminuisce, ma si sposta sul piano individuale, delle identità personali. Ad esempio, il fatto che sempre più esponenti del gentil sesso lavorino porterà inevitabilmente alla ricerca di un equilibrio diverso fra uomo e donna. Anche questo è un conflitto, gestibile però senza il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali o delle grandi lobbies di interessi.

Tra i media, la regina indiscussa è la televisione: a cosa si deve questo primato?

La Tv non è un mero elettrodomestico, ma uno strumento molto importante che abbiamo e che vediamo quasi tutti, oltre il 90 per cento della popolazione. Negli ultimi tempi c’è stata inoltre una moltiplicazione dei canali specializzati, tematici, capaci di informare e di offrire momenti di svago. Nelle case degli italiani sono molto diffusi anche libri, quotidiani, videoregistratori e computer; peccato però che vengano considerati alla stregua di soprammobili e pertanto poco utilizzati. In decisa crescita c’è infine la radio, che ci accompagna nei momenti topici della giornata.

I giovani leggono in misura maggiore rispetto agli anziani: non è forse un paradosso curioso?

Non è una sorpresa. Dobbiamo ricordarci infatti che il tasso di analfabetismo appartiene tutto alla popolazione anziana che ha costruito l’Italia con fatica e sacrificio, ma che magari non ha avuto facile accesso all’istruzione. Oggi i ragazzi sono più informati, grazie anche a quella preziosa fonte di notizie che è Internet.

14 dicembre 2001

pplarosa@hotmail.com

 



 

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