Alla ricerca della crescita perduta: una storia europea
di Massimo Lo Cicero

“Villa Mondragone Seminar” è il giro di boa annuale delle ricerche e degli studi, realizzati attraverso partnership di livello internazionale, che si svolgono nella Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata. Il 25 ed il 26 di giugno si è tenuta la tredicesima edizione di questa manifestazione scientifica. Al centro della discussione il filo rosso che dovrebbe legare le tecnologie della informazione e delle telecomunicazioni, le Ict, i mercati finanziari e la crescita delle economie. La questione da risolvere è semplice e inquietante insieme: perché quel filo rosso genera un circolo virtuoso negli Stati Uniti e perché la medesima cosa non accade in Europa. Non c’è bisogno di aggiungere che, anche grazie a studiosi di calibro internazionale e al viceministro italiano dell’economia, Mario Baldassari, tutti abbiano cercato di capire perché l’Italia in questo fallimento della crescita rappresenti la prima della classe nel vecchio continente.

Le ragioni del successo negli Stati Uniti sono duplici: esse derivano da questioni legate all’organizzazione della produzione e alla disciplina dei mercati ma anche da ragioni che sono riconducibili al funzionamento della struttura finanziaria di quel paese. La new economy, per dirla brutalmente, non ha un valore in sé ma per le applicazioni che può generare sull’intero sistema economico. Se si rivoluziona la produzione e l’organizzazione della vita, applicando il trattamento automatico delle informazioni e la loro trasferibilità a distanza, è l’intera economia che si mette a correre. Il rapporto tra capitale e lavoro, cioè la quantità di macchine e tecnologia che ogni lavoratore utilizza, è aumentato negli anni Novanta del 30 per cento in America. E questo ha determinato una crescita della produttività che ha coinvolto tutto il sistema: dagli uffici pubblici alle boutiques, dai Mc Donalds alla ricerca spaziale, dall’office automation alla progettazione industriale dei grandi impianti. Come ha scritto Alan Greenspan quando un computer governa i movimenti di un trattore nei campi del middle west non si può immaginare che esista una differenza tra old e new economy: è l’economia intera che cambia pelle, si trasforma ed accelera il proprio ritmo di funzionamento.

Questa eccitazione della capacità di fare si è saldata con la libertà di fare che è diffusa nella società americana: grazie ad un sistema di regole che indica solo quello che è vietato e non pretende di indicare tutto quello che è giusto fare. Una diritto amministrato dai giudici, in real time, e non faticosamente elaborato nelle aule parlamentari, ed ancora più lentamente trasformato in sentenze che tutelino i creditori, completa la ricetta che ha generato il boom americano della seconda metà degli anni Novanta. Questo boom ha trovato il supporto finanziario necessario perché in America esiste una larga confidenza con il mercato dei capitali. Investitori privati scommettono i propri fondi nelle imprese che accettano la partecipazione al capitale come leva per la crescita. Ecco il segreto operativo del ventur capital. Quegli investitori perdono, in molti casi, il valore che hanno scommesso, guadagnano molto quando hanno successo: perché possono vendere su un mercato dei capitali, dal grande spessore e dalla costante liquidità, le partecipazioni che hanno sottoscritto. La Borsa è il punto finale del processo e serve per uscire, guadagnando, dall’investimento realizzato; l’inizio è la comune convinzione, di investitori e di imprese che la partecipazione di capitali terzi, rispetto al patrimonio dell’imprenditore, è la molla che spinge la crescita dell’impresa.

L’Europa non condivide né questo modo di ragionare né questo sistema di regole. “Quieta non movere” è il motto di un sistema che dice di difendere i capitali ma difende, invece, solo le grandi organizzazioni. Ned Phelps, uno dei più grandi economisti viventi, ha scritto sulle colonne del Sole 24 ore che gli Stati Uniti sono il modello del “capitalism” ma che l’Europa è il regno del “corporate System”. I primi difendono il mercato e la libertà di circolazione dei capitali, mentre la seconda difende le grandi organizzazioni e scoraggia le scalate ostili quando quelle organizzazioni sono inefficienti e improduttive. Anche i sindacati, in Europa, difendono la rigidità dell’impiego e, così facendo, aiutano la riduzione dei livelli di occupazione. Quel rapporto tra capitale e lavoro, in Europa e negli anni Novanta, non è aumentato del 30 per cento ma del 300 per cento e sono anche diminuiti i lavoratori. Nella speranza di sostituire le macchine al lavoro, il corporate system europeo ha generato una organizzazione industriale ancora più rigida: per eccesso di capitale. L’economia americana crescerà ancora e il risparmio europeo finanzierà quella crescita mentre l’Europa resterà ferma sulle proprie rigidità. Chi sono i conservatori? Domanda retorica.

29 giugno 2001

maloci@tin.it


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