“Anche il settore petrolifero ha bisogno di innovazione”
intervista a Pasquale De Vita di Pierpaolo La Rosa

Cinquantasettemila miliardi di lire: a tanto dovrebbe ammontare la bolletta energetica italiana per il 2001. A lanciare l’allarme è stato il presidente dell’Unione petrolifera, Pasquale De Vita, durante la consueta assemblea annuale dell’associazione. Come se non bastasse il buco nei conti pubblici lasciato in eredità dalla precedente maggioranza di centrosinistra, ecco che una nuova, pesante tegola sembra abbattersi sul governo Berlusconi. Delle cause all’origine di una situazione tutt’altro che rassicurante, nonché della fase di forte nervosismo del mercato petrolifero, abbiamo parlato proprio con De Vita. 

Presidente, quali sono i fattori che potrebbero determinare una fattura energetica così elevata, addirittura la più cara dal lontano 1986?

Il problema principale risiede nell’andamento dei prezzi internazionali di greggio e prodotti che hanno subito una brusca impennata nel corso degli ultimi due anni. Contro una tendenza di questo genere tutte le aziende, non solo quelle italiane, possono fare davvero poco e si devono così piegare alle richieste provenienti dall’Opec, il cartello dei paesi produttori di petrolio. E’ vero, occorre contenere i costi interni, ma una simile operazione richiede una razionalizzazione delle strutture altrimenti impossibile, specie se le imprese non investono in assenza di un quadro regolamentare favorevole.

Di cosa ha bisogno il mercato petrolifero italiano per uscire dal preoccupante immobilismo in cui è piombato da un po’ di tempo a questa parte?

Ha bisogno di normative moderne, adeguate alle nuove esigenze, al passo con quelle degli altri paesi europei. Solo così la nostra industria petrolifera sarà in grado di competere nel contesto internazionale. Servono pertanto investimenti continui e massicci sia nella raffinazione che nella rete di distribuzione dei carburanti; in quest’ultimo settore dobbiamo colmare il gap che ci separa da gran parte del Vecchio Continente.

Proprio in occasione della riunione annuale dell’Unione petrolifera il governo, per bocca del neoministro per le Attività produttive Antonio Marzano, ha annunciato la proroga per i prossimi tre mesi del bonus fiscale di 50 lire sui carburanti. Secondo lei, è un passo giusto?

Mi pare che sia una misura necessaria. Far lievitare in questo momento di 50 lire il prezzo della benzina, significherebbe vanificare in un sol colpo la lotta all’inflazione portata avanti sin qui. Quello di Marzano è stato un intervento chiaro, netto, che va nella direzione migliore. 

Eppure il carico fiscale sulla benzina italiana è più pesante che altrove…

Non è vero; abbiamo perso infatti il primato che detenevamo fino a qualche anno fa. Oggi occupiamo una posizione mediana: ci sono paesi con una pressione tributaria decisamente superiore alla nostra, altri invece con un livello di tassazione ancora inferiore.

Per l’estate cosa dovranno aspettarsi gli automobilisti italiani, prezzi più cari oppure no?

Se l’andamento attuale dovesse mantenersi, non penso che i prezzi aumenteranno. In questo momento c’è una leggera tendenza al contenimento, non ci sono neppure prospettive di grandi crisi e persiste l’atteggiamento - piuttosto prudente - dei paesi produttori volto ad evitare che vi sia un’impennata dei prezzi petroliferi sui mercati internazionali. L’insieme di questi elementi dovrebbe far pensare che non andremo incontro ad incrementi significativi. Ad ogni modo, siamo in una situazione di equilibrio comunque instabile, dove la bilancia potrebbe pendere dall’una o dall’altra parte. E’ una situazione, quindi, che va seguita e monitorata giorno per giorno.

29 giugno 2001

pplarosa@hotmail.com


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