L’eufemismo gentile del Cavaliere
di Massimo Lo Cicero
Il sentiero della finanza pubblica è più stretto di quanto si sarebbe detto prima dell’ultima tornata elettorale. I conti assestati li vedremo del Dpef che sarà presentato in parlamento prima dell’estate ma l’ordine di grandezza dei problemi si può misurare da molti indizi e da alcune autorevoli opinioni. Cominciamo dalla più autorevole delle opinioni che lo stesso Silvio Berlusconi ha riconosciuto come un saldo punto di riferimento nel discorso programmatico tenuto al Senato. “Il miglioramento dei conti pubblici si è arrestato nel 2000” ha detto Fazio nelle sue considerazioni finali, lette il 31 maggio, ed ha anche spiegato perché.
Nel 2000 il prodotto lordo è aumentato, al lordo dell’inflazione, del 5,2 per cento mentre le spese pubbliche, al netto degli interessi, sono aumentate del 3 per cento e le entrate del 3,2. Ma questo aumento ragionevole della spesa, contenuto in un incremento delle entrate che inasprisce il prelievo subito dai cittadini, non è una misura esauriente di quello che maturava nella società italiana. L’innalzamento dell’età pensionabile, ed il differimento del closing nei contratti di lavoro della pubblica amministrazione, hanno reso possibile una più lenta dinamica delle entrate. L’andamento della Borsa ha generato massicci incassi dalle imposte sui capital gains e la dinamica dei prezzi del petrolio ha gonfiato le entrate da imposte indirette sulla benzina ed altri prodotti petroliferi.
Le imposte sono state ben gonfiate ma le uscite sono state inferiori: entrambi i fenomeni avevano natura contingente ed occasionale. Nel 2000 sono venute meno tutte le cause della dinamica delle entrate. Cresce meno l’economia reale, non ci sono più capital gains da tassare. Vengono in primo piano, invece, le molle compresse che spingeranno la spesa: la pressione del sistema sanitario, che si espande ormai fuori controllo; il venire a scadenza delle tornate contrattuali in materia di stipendi pubblici; il combinato disposto degli sgravi fiscali che, tra il 2000 ed il 2001 hanno accompagnato il sunset boulevard del governo precedente. Ne deriva una scarna ma efficace misura della situazione. Sostiene Antonio Fazio che il fabbisogno dei primi quattro mesi del 2001, cioè lo scarto tra spese ed entrate, è stato di 54.800 miliardi. Un valore superiore di 20.300 miliardi rispetto a quello del 2000 ed uguale a quello che era stato ipotizzato essere il fabbisogno dell’intero anno 2001.
I nostri impegni internazionali ci imponevano di tenere entro l’uno per cento del pil la misura del deficit pubblico nel 2001 e di arrivare al bilancio in pareggio entro il 2003. Quei medesimi impegni ci vincolavano a riportare lo stock del debito pubblico in una dimensione di uno ad uno con il pil nel 2003. Sembra che avremo problemi piuttosto sul fronte della cassa, il deficit, che non su quello del debito. Per ridurre e gestire la dimensione del quale si potrebbe anche accelerare la privatizzazione delle grandi imprese e la dismissione dei patrimoni immobiliari ancora detenuti dallo stato. Gli osservatori internazionali ci dicono che il rapporto deficit-pil si assesterà intorno all’1,5 per cento nel 2001 e che non arriveremo al pareggio di bilancio ma ad un saldo pari all’1,5 nel 2003.
Saremo, insomma, nel 2003 dove avremmo dovuto essere nel 2001. Ed il professor Alberto Quadro Curzio, eccellente economista dell’Università Cattolica di Milano ritiene questa essere una stima attendibile. Questa situazione è stata definita “molto complicata” e la definizione è stata considerata un “gentile eufemismo” nel discorso di Berlusconi al Senato. Ma Berlusconi ha anche assunto impegni importanti di fronte al parlamento. Si è detto europeista ed amico degli Stati Uniti ed ha confermato di volere tentare la sfida della crescita e della ripresa contando sulle energie latenti del nostro paese. Una sfida per il cambiamento da realizzare pacificamente, nella legalità e con una buona dose di ottimismo. Nella sfida per il cambiamento una leva importante è la trasformazione radicale della pubblica amministrazione: per cultura, strumenti ed assetti organizzativi. Della sfida fa parte il varo di un codice fiscale che sostituisca le oltre 3mila norme di legge esistenti. Sempre quella sfida si fonda sulla esenzione fiscale per i redditi marginali, la fissazione della massima aliquota irpef al 33 per cento ed il rilancio, ad una scala generalizzata, della esenzione di imposta per gli utili reinvestiti. Come dice la opinione pubblica, una legge Tremonti bis.
Questa manovra fiscale, che comprende anche l’innalzamento della pensione minima ad un milione mensile, è una parte importante degli strumenti che accelerano la ripresa della crescita. L’altra parte essendo il rilancio dei grandi investimenti infrastrutturali ed il diffuso ricorso a pratiche di sussidiarietà tra organizzazioni pubbliche e private nella produzione dei servizi sociali essenziali: istruzione, sanità, previdenza sociale. Il clima macroeconomico è incerto ed il nostro paese non ha utilizzato la modesta ripresina del biennio 1999-2000. Non è sicuro, e questa è la fonte dell’incertezza, che gli Stati Uniti riprendano a crescere nel 2002 e non è sicuro che l’Europa sia in grado di agganciarsi a quella crescita ove essa si dovesse manifestare. Da tutto questo discende il valore strategico e politico del Dpef che stanno elaborando al ministero dell’Economia. In quelle pagine si dovranno leggere le dimensioni e il percorso dello stretto sentiero che ci potrebbe riportare verso la crescita ed il benessere ma deve anche essere possibile leggere dove si colloca la linea zero da cui incomincia la responsabilità, amministrativa e politica, del nuovo governo.
L’appuntamento sulle strategie è rimandato, tuttavia, all’autunno. Quando, sulla base della discussione dei contenuti del Dpef, il parlamento dovrà varare la legge finanziaria e la manovra di politica economica. Nel “durante” di questi fenomeni matureranno i primi disegni legislativi sul riordino della pubblica amministrazione e della fiscalità. Un progetto complesso e difficile da gestire. Ma non è detto che sia un’impresa impossibile.
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giugno 2001
maloci@tin.it
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