L’energia tra politica e mercato
di Giuseppe Sacco


Ha ancora senso parlare di politica pubblica dell’energia? Il dubbio è legittimo perché, anche se è un fatto che le utilities conoscono un grande ritorno d’attenzione, ciò avviene in un clima di incertezza sui ruoli che in questo campo debbono avere il mercato e lo stato. La questione è decisamente non nuova. Già Orazio, nelle Satire, per indicare una condizione vicina alla barbarie, scrive “venit vilissima rerum hic aqua” (persino il bene di più basso valore, l’acqua, è oggetto di commercio!). Parole che si spiegano col fatto che, a quell’epoca, a Roma l’acqua veniva fornita gratuitamente dai grandi acquedotti pubblici. Molto più tardi, con la rivoluzione industriale, saranno le compagnie private a fornire acqua, gas ed elettricità, mentre appena un secolo fa si è cominciato a gestire questi servizi in monopolio pubblico, o addirittura a realizzare, a livello municipale, quelli che verranno detti morceaux de socialisme.

Sennonché oggi la crisi dei ruoli tradizionali dello stato è sotto gli occhi di tutti. Nel quadro generale di un’economia sempre più liberalizzata, le politiche di settore tendono a perdere importanza. Non è solo l’idea della proprietà statale dei mezzi di produzione che è entrata in crisi. La crisi investe anche funzioni - come l’istruzione, l’assistenza sociale e il sistema pensionistico - che nel corso del Ventesimo secolo erano state considerate, anche in Occidente, come di stretta pertinenza pubblica. Contemporaneamente, però, si manifestano anche tendenze contrarie, e si richiede una “politica” su questioni la cui regolazione era in passato lasciata a dinamiche spontanee. 

E’ questo in particolare il caso della questione ambientale, perché nell’ambiente era consentito scaricare scorie o calore senza praticamente alcun controllo, in quanto se ne considerava la disponibilità pressoché infinita e quindi l’utilizzazione possibile senza prezzo. Tra i settori che diverranno nel prossimo futuro oggetto di politiche pubbliche, c’è di conseguenza anche quello dell’energia, che alle questioni ambientali è strettamente legato. Gli interessi collettivi dovranno essere conciliati con quelli individuali, ed i potenti meccanismi della proprietà privata, della concorrenza e del mercato, dovranno essere inseriti in un sistema di regole che li faccia giocare a favore della società nel suo insieme. Ciò significa che non è possibile rinunciare ad una politica nazionale dell’energia. Al contrario, questa va resa meno occasionale e demagogica di quanto non sia stato sinora, resa coerente con le politiche della Ue, e inserita nel quadro globale, tenendo conto che la situazione è peraltro in rapido mutamento, soprattutto per la comparsa di due nuovi fattori.

Primo, per il profilarsi di seri limiti alla crescita dei consumi, sia per l’effetto serra che per la rapida diminuzione delle risorse di idrocarburi liquidi. E, secondo, per l’avvento di nuove turbine a gas in grado di realizzare, anche nei piccoli impianti, i bassi costi di produzione tipici delle grandi centrali integrate a carbone. Questi cambiamenti hanno portato alla privatizzazione della generazione elettrica, in Inghiltera negli anni Ottanta, e poi in altri paesi. Ma il mondo dell’energia è veramente cambiato quando negli Usa - sotto Bush senior - è stato approvato l’Energy Policy Act del 1992, che ha ridotto i vincoli alla produzione elettrica introdotti addirittura sotto Roosevelt nel 1935. Questa legge ha dato alle aziende americane molti anni di primato tecnologico. Esse sono diventate così protagoniste su un mercato “globalizzato” che non è più solo del petrolio, ma dell’energia in generale. E il loro esempio viene imitato in altri paesi, dove stanno nascendo altre grandi imprese multinazionali, con base in Germania, Gran Bretagna, Giappone, Taiwan, Francia, persino Cile.
Ciò non accade - o sta accadendo troppo poco e troppo lentamente - in Italia. Il nostro paese rimane ancora troppo chiuso negli schemi ideologici del passato, nelle sue beghe provinciali, nella sua arretratezza tecnologica e - per quel che riguarda l’elettricità e il gas - perfino nell’isolamento fisico, data la mancanza di infrastrutture che colleghino il mercato interno a quello internazionale. Il paese ha perso così anni preziosi, che vanno recuperati al più presto.

15 giugno 2001

g.sacco@usa.net

(da Ideazione 3-2001, maggio-giugno)









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