L’Acquedotto pugliese e le ragioni della concorrenza
di Alessandro Napoli


Fine di un’era, fine di un dogma. Per quasi due anni ci avevano spiegato che l’Aqp (l’Aquedotto pugliese), sigla che ha rimpiazzato la vecchia Eaap per indicare la più grande azienda di captazione, potabilizzazione e distribuzione dell’acqua nel nostro paese, sarebbe passata di mano per trattativa privata. Dal Tesoro al Tesoro, dal Tesoro proprietario di Aqp al Tesoro azionista di maggioranza dell’Enel. Emblematico caso di uno stato che esce dalla porta e rientra dalla finestra per decreto del principe. Tutto il resto restava sullo sfondo, a cominciare dalla necessità di profittare di una annunciata ritirata dello stato per conseguire un obiettivo importantissimo: garantire ai consumatori, siano essi cittadini o imprese, un prodotto di qualità venduto a prezzi giustificati da un’efficiente conduzione dell’azienda. Per la verità la cosa non era come tale piaciuta a tutti, ma obiezioni e oggetti di trattativa giravano attorno a questioni marginali. Con qualche eccezione. 

Qualche settimana fa a infrangere il dogma della cessione per trattativa privata è stato l’avvocato Pallesi (meglio tardi che mai); adesso confidiamo nell’intervento di un nuovo governo dichiaratamente allergico all’idea che di meccanismi concorrenziali, quando la ragion di stato (anzi, di governo, o di coalizione, o più modestamente di partito) lo suggerisce se ne può fare a meno. Nell’attesa di un cambiamento di rotta, che necessariamente comincerebbe da una pura e semplice cancellazione del decreto che disponeva la cessione all’Enel per trattativa privata, sottolineiamo alcuni punti. Innanzi tutto, non ci sembra ancora chiaro in che cosa consista il patrimonio di Aqp. Dubbi vi sono persino sulla proprietà di alcuni pezzi della rete di distribuzione. In secondo luogo l’accertamento del valore di Aqp è operazione preliminare all’avvio di qualsivoglia operazione di alienazione delle quote attualmente nelle mani del Tesoro, ma deve essere effettuato da un soggetto indipendente e autorevole, da selezionare attraverso una gara internazionale. Terzo. Una volta superata la fase della valutazione, si può passare a quella delle procedure di alienazione. Ma prima di darvi corso, un’altra cosa è indispensabile che venga fatta: fissare gli obiettivi che si intendono conseguire attraverso la vendita. Dal momento che stiamo parlando di un’azienda che gestisce una risorsa preziosa e scarsa, “l’oil del ventunesimo secolo”, la questione è oltremodo seria.

Quarto punto: in considerazione della rilevanza strategica della risorsa che Aqp gestisce riteniamo che gli obiettivi da perseguire si riducano a quello in precedenza enunciato: identificare un acquirente che sia in grado di fornire agli utilizzatori un prodotto di qualità a prezzi giustificati da un’efficiente conduzione dell’azienda. E ancora: come selezionare l’acquirente? Risposta: mettendo in moto una procedura di gara (anche in questo caso necessariamente internazionale) in cui ai fini della selezione contino da un lato criteri economici (preferenza a chi offre di più) dall’altro criteri di altro tipo, che comportano da parte delle offerenti la predisposizione di un piano industriale. Insomma, una via di mezzo fra l’asta al rialzo e il cosiddetto “concorso di bellezza” (beauty contest). Infine, in linea di principio non facciamo il tifo per nessuno, così come non abbiamo pregiudizi contro nessuno. L’Aqp interessa all’Enel? Bene, che si faccia avanti, purché seguendo il percorso che abbiamo delineato: presenti un’offerta economicamente interessante e dimostri esperienza nella gestione dell’acqua. L’Aqp interessa ad altri? Bene, la risposta è la stessa. I cittadini e le imprese, nella doppia veste di “azionisti” dello stato, e dunque di soggetti interessati a che l’Aqp sia venduta e non svenduta, e di consumatori, interessati ad avere un prodotto di qualità a prezzi giustificati da un’efficiente gestione dell’impresa, non potranno che ringraziare.

15 giugno 2001

snapol@tin.it




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