Pensioni: per chi suona la campana di Prodi?
Giuseppe Pennisi


"Prodi sono" - dice Radames nel secondo atto dell'Aida, chiedendo al Faraone clemenza per gli etiopi (tra cui il padre della sua amata) che ha sconfitto in battaglia. Non sembrano però tanto prodi quelli tipo il presidente della Commissione europea, che avendo avuto responsabilità di governo (ed avendo firmato il programma dell'Ulivo del 1995-'96), adesso dal podio del parlamento europeo chiedono agli esecutivi ed alle assemblee legislative degli stati membri dell'Unione Europea di mettere mano con urgenza al riassetto del sistema previdenziale. Dove erano cinque-sei anni fa quando molti sottolineavano l'insostenibile leggerezza del sistema previdenziale italiano? Si dimenticavano di includere la previdenza negli 88 capitoli del programma dell'Ulivo e si limitavano a ritoccare alcuni punti minori del sistema (specialmente in materie come le indicizzazioni ed il cumulo) mentre avrebbero dovuto dare indirizzo di governo (con il Dpef) in tema di finanza pubblica.

Non sapevano che, per dirla con Dimitri Vittas, uno dei maggiori esperti previdenziali, "il nodo centrale non è delineare un sistema previdenziale efficiente, equo e sostenibile, ma individuare la strada per traghettare tale sistema dai meccanismi attuali a quelli nuovi". L'urgenza per l'Italia di iniziare al più presto la traversata verso un nuovo sistema è già stata documentata dalla ricerca comparata sulla "contabilità generazionale" del National Bureau of Economic Research americano: Alan J. Auerbach, Laurence J. Klotikoff e Will Liebfritz, "General Accounting around the World", 530 pagine a stampa fitta pubblicate poche mesi fa (al termine di oltre dieci anni di lavoro) dalla University of Chicago Press: per avere il livello di protezione sociale e previdenziale del proprio padre, un italiano nato nel 2000 dovrà pagare in tasse e contributi, nella sua vita attiva, il doppio di quanto sborsato dal genitore.

Una conclusione ancora più agghiacciante è nei calcoli della Fondazione Rodolfo De Benedetti (un "pensatoio" non certo di parte e tutt'altro che contiguo all'opposizione): rinviare di cinque anni la traversata significa aumentarne del 50 per cento il costo tra il 2005 ed il 2045. Tanto poco prodi da non sapere dire una parola (non di sinistra o di destra, ma solo di buon senso) allora, hanno assistito alla crescita inarrestabile dell'onere della transizione sulle generazioni più giovani. Oggi dovrebbero riprendere in mano i testi dei Padri della Chiesa sulla virtù del silenzio. E sulla contrizione. In modo che non sia quaresima solo per gli altri.

20 marzo 2001

gi.pennisi@agora.it





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