"Un mercato sregolato non produce benessere"
intervista a Michele Salvati


Professore Salvati, lei è un esponente della sinistra: non è che la sinistra, dopo essere stata per tanto tempo non-liberale in campo economico, ora si ritrova espropriata delle sue tradizioni di "correzione", di "riforma" dell'economia, del mercato capitalistico?

Tutti i grandi liberali, a cominciare da Luigi Einaudi, avevano ben chiaro in mente che il mercato è una creatura politica importante e difficile. Un mercato sregolato, totalmente sregolato, non è un mercato che produce benessere. Oggi sembra che tutto ciò venga dimenticato per eccesso di zelo: io continuo a temere che ci siano, nell'ambito della sinistra, riserve di vecchio tipo ma non per eccesso di zelo liberale, bensì per eccesso di conservatorismo.

Allora, da "liberal", qual è il suo giudizio sull'analisi di Pelanda e Savona?

Non ho la più piccola obiezione. Penso che abbiano perfettamente ragione. Sullo stesso argomento sta uscendo proprio in questi giorni, negli Stati Uniti, un bel libro di Charles Lindblom, intitolato "Il sistema di mercato", in cui questo elemento del mercato come reazione politica e sociale estremamente complessa e regolata, è il punto centrale. Lindblom, è un intellettuale liberal americano e negli Usa questo vuol dire che è di sinistra.

Secondo lei, quindi, l'economia mondiale rischia un bel crollo?

Abbiamo rischiato forte e in parecchie circostanze nel recente passato. Questa preoccupazione è condivisa in numerosi settori che poi, ufficialmente, danno un'immagine rassicurante.

Però, oltre ai rischi di crollo economico ci sono anche quelli di crisi sociale.

E' proprio così. Questa è una mia preoccupazione anche perché si buttano addosso al mercato globale, all'internazionalizzazione dell'economia, problemi di cui la globalizzazione non è responsabile, anzi la cui colpa è tutta interna, spesso delle autorità politiche. Allora, per evitare che colpe che il mercato globale non ha si scarichino su di esso, è bene che i governi nazionali partecipino alla definizione delle regole internazionali. E' la stessa faccenda del federalismo italiano. Si potrebbe dire: anche in questo caso c'è il rischio (anzi non solamente il rischio teorico) che le singole regioni scarichino sullo stato centrale delle colpe che magari questo non ha. Si ha un buon federalismo quando anche a livello regionale si ha una piena condivisione del progetto federalista e ci sono chiare delimitazioni di responsabilità. La responsabilità politica deve andare sempre assieme alla sovranità. (c. lan.)

13 marzo 2001

appiocaludio@yahoo.com





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