Vertici e controvertici tra Davos e Porto Alegre
di Claudio Landi


La globalizzazione ha portato ricchezza e sviluppo in buona parte del mondo. Il continente più grande e più popolato del pianeta; l'Asia, proprio grazie alla globalizzazione, sta entrando a passi da gigante nell'era dello sviluppo economico trascinandosi le moltitudini cinesi e indiane. Tutto questo è un fatto. Però non tutto va nel migliore dei modi possibili: proprio le "Tigri economiche asiatiche" (quei paesi del Pacific Rim protagonisti degli exploit più eccezionali nella crescita economica degli ultimi anni, Corea, Taiwain, Thailandia, Malaysia, Singapore) sono stati coinvolti, dal 1997, nella cosiddetta crisi asiatica. Lo stesso Giappone è da più di un decennio in piena deflazione economica. Messico, Brasile, Russia, chi prima chi dopo, sono stati coinvolti in gravissime crisi finanziarie. La globalizzazione crea e diffonde ricchezza, ma molti sono gli esclusi e tanti i precari, anche nei paesi avanzati. Senza contare il continente emerginato per definizione, l'Africa. Insomma, davvero la globalizzazione ha bisogno di essere "governata"? Non basta più la globalizzazione economica: serve, urge la globalizzazione politica?

Non meraviglia quindi che dove prima c'era soltanto Davos, ridente località svizzera, con il suo auuale Forum economico globale, ora ci sia anche Porto Alegre, località brasiliana, con il Forum sociale mondiale, luogo di dibattito e di confronto del popolo di Seattle. Né può meravigliare che, d'ora in poi, ogni anno, l'elite globale di Davos e popolo critico di Porto Alegre si affronteranno a distanza con dibattiti, incontri, seminari, ovviamente lontani migliaia di chilometri fisicamente uno dall'altro ma sicuramente interessati reciprocamente. E magari dialetticamente, grazie ai media più moderni. Magari con tanto di dialogo a distanza (come è accaduto quest'anno con la videoconferenza che ha visto come coprotagonisti i rappresentanti dei contestatori del mercato globale e uno dei massimi esponenti di quel mercato globale, George Soros, da tempo sulla breccia non sono come grande finanziere, ma anche come protagonista delle Fondazioni per la società aperta, e come scrittore critico verso il "fondamentalismo del mercato"). Che cosa sta accadendo nel mondo del mercato globale?

Sicuramente si può dire che al "partito di Davos" si contrappone pacificamente il "partito di Porto Alegre". L'istituzionalizzazione del "popolo di Seattle", il dibattito intorno alla necessità di un "riequilibrio" della globalizzazione economica, la definizione di un nuovo rapporto fra sistema globale e le realtà nazionali o magari l'emergere di un sistema istituzionale globale più democratico sono passi per affrontare lo "squilibrio" della globalizzazione, proprio per rafforzare il mercato mondiale. Anche se il passaggio fondamentale sarà in quella che appare sempre di più come l'istituzione centrale del mercato globale, la WTO, l'Organizzazione mondiale del commercio, la vera sede del potere istituzionale mondiale. Per capire quello che sta accadendo stavolta abbiamo chiamato a consulto tre studiosi, Carlo Pelanda, economista ed investitore finanziario, esponente dell'elite di Davos; Marco Revelli, politologo di sinistra, vicino al popolo di Seattle; Mario Baldassarri, economista liberal, che ha scritto alcuni saggi con il premio Nobel Franco Modigliani.

20 febbraio 2001

appioclaudio@yahoo.com

 


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