Cbs: una tangentopoli per Arafat?
di Barbara Mennitti
Yasser Arafat, da decenni leader indiscusso e inamovibile del movimento
palestinese, ha sottratto un miliardo di dollari dai fondi pubblici per
assicurare la sua sopravvivenza politica e altre ingenti somme per scopi
ignoti. E’ quanto emerge da una circostanziata inchiesta della rete
americana Cbs, che ha ascoltato un team di contabili chiamati dal
ministro delle Finanze dell’Autorità palestinese, Salam Fayyad, per
mettere ordine nei registri di Arafat. Il leader palestinese è stato
costretto a nominare Fayyad, un ex funzionario della Banca Mondiale con
fama di persona integerrima che ha trascorso 20 anni negli Stati Uniti,
l’anno scorso, quando l’opinione pubblica palestinese ha iniziato a
protestare contro il suo governo corrotto. Ma quello che il ministro sta
portando alla luce sta mettendo in serio la sua posizione e la sua
stessa persona.
Secondo quanto dice Jim Prince, il responsabile del team, finora si è
riusciti a determinare che parte della ricchezza di Arafat, circa un
miliardo di dollari, si trovava in un portafoglio segreto con
investimenti di vario genere: un impianto di imbottigliamento di
Coca-Cola (sic) a Ramallah, una compagnia di telefonia mobile tunisina,
fondi di capitali di rischio negli Stati Uniti e nelle Isole Caimane. Ma
il patrimonio del leader andava ben oltre. In base agli accordi di Oslo,
a Israele spettava il compito di raccogliere le imposte sulle vendite
per i beni acquistati dai palestinesi e di versarli, poi, al tesoro
Palestinese. Ma fino a tre anni fa, Israele versava questa somma,
stimata intorno a un ulteriore miliardo di dollari, in un conto privato
di Arafat presso la Banca Luemi di Tel Aviv (fra tutti i luoghi
possibili!). Gran parte di questo denaro, veniva poi trasferito su un
altro conto presso la prestigiosa banca svizzera Lombard Odier. Questo
conto è stato chiuso nel 2001 e nessuno sa dove è finito quel denaro.
Martin Indyk, consulente per il Medio Oriente dell’amministrazione
Clinton, commenta: “Gli israeliani ci dicevano che Arafat doveva
ripulire Gaza, un lavoro duro, e per questo aveva bisogno di denaro
liquido. Loro presumevano che quei soldi sarebbero stati impiegati per
controllare il terrorismo attivo nell’area”. Ma chiaramente non è andata
così e tutto quel denaro è servito a finanziare un vasto sistema di
clientela e nepotismo, che è servito al vecchio leader per consolidare
il suo potere. Secondo Fayyad, gli agenti di sicurezza di Arafat
percepiscono 20 milioni di dollari al mese in contanti e, se pur il
vecchio leader non è noto per viver nel lusso, sua moglie Suha vive
sfarzosamente a Parigi, ricevendo dal consorte, stando a quanto dicono
funzionari israeliani, 100 mila dollari al mese. Fonti statunitensi e
israeliane, infine, sostengono che milioni di dollari sono stati spesi
per sostenere i terroristi e acquistare armi.
Con l’aiuto del suo consulente economico Mohammed Rachid (che è fuggito
dai territori e ora sostiene di stare collaborando con Fayyad), Arafat
aveva creato una sistema di monopoli per le merci di prima necessità,
come la farina e il cemento, che veniva gestito senza scrupoli dai suoi
protetti. La più corrotta e lucrosa era la General Petroleum
Corporation, che comprava carburante da una compagnia israeliana, lo
allungava con il kerosene e lo rivendeva a prezzi esorbitanti, con il
doppio effetto di derubare i cittadini e rovinare le loro auto. Da
quando Fayyad ha smantellato questa compagnia, il prezzo della benzina è
sceso del 20% e quello del gasolio dell’80 %.
Arafat ha dunque derubato la sua gente? “Egli si definisce
l’incarnazione del popolo palestinese – risponde Dennis Ross,
negoziatore per il Medio Oriente dell’amministrazione di Bush padre e
poi di quella Clinton e oggi capo del Washington Institute for Near East
Policy - quindi quello che è giusto per lui è giusto per loro”. Chissà
se gli abitanti delle baracche di Gaza o di Ramallah la pensano allo
stesso modo.
5 dicembre 2003
bamennitti@ideazione.com
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