Francia. Un nuovo Stato canaglia?
di Luciano Priori Friggi

Mi è capitato di recente di partecipare ad un incontro sui problemi della collocazione internazionale dell'Italia di fronte agli scenari successivi all'11 settembre. Come relatori principali un direttore di giornale e un esperto di strategie militari. Si era arrivati quasi alla fine della riunione senza particolari momenti di vivacità e senza particolari novità. E, per i miei gusti, anche in clima un pò troppo buonista. Decido di prendere la parola e provo a fare una veloce analisi dei rapporti dell'Italia con Francia e Germania. Dedico in particolare un po' più di tempo alla prima, ritenuta l'elemento chiave per il futuro dell'Europa e per la politica internazionale in genere. Mi accorgo che c'è molta attenzione verso quello che dico. Ma la sorpresa più forte arriva dalla replica del direttore di giornale che si dice non solo d'accordo con le mie conclusioni ma arriva ad affermare che "a ben guardare il vero stato canaglia è la Francia". Devo dire che sul momento quell'espressione mi era sembrata un po’ forte e probabilmente nata sull'onda della foga oratoria. 

Quando tuttavia, subito dopo l'attentato di Nassiriya, facendo alla sera un giro su internet per leggere le reazioni internazionali all'accaduto sono arrivato alla prima pagina di Le Monde, immediatamente mi è tornata alla memoria quella valutazione. In pratica dei morti italiani non c'era traccia. C'era spazio per notizie di tutti i tipi, anche le più frivole, mentre, attraverso la negazione, risaltava ed era palpabile il fastidio verso quell'accaduto. D'altro canto era evidentissimo, anche per lo spazio affidatogli, che l'argomento che al momento stava a cuore al giornale era uno soltanto e precisamente "l'union franco-allemande". Personalemnte non credo che l'ipotesi abbia alcuna seria possibilità di realizzazione ma a leggere Le Monde sembrerebbe il contrario. Ed è il primo ministro Raffarin che di fronte alla crisi, data per probabile (o forse desiderabile), dell'Unione Europea a 25, si chiede "cosa resta a quel punto alla Francia? Solo l'unione con la Germania". Anche a una lettura approfondita delle argomentazioni non si riesce a liberarsi dalla sensazione che alla fin fine il problema è che il giocattolo Europa ha stancato i dirigenti politici francesi (o larga parte di essi) e che ora nelle loro menti stia prendendo corpo quest'altra infatuazione ("Utopie mobilisatrice") dell'union, unico mezzo al momento per farli restare al centro dell'attenzione.

Triste davvero questo tramonto della Francia che dimentica della "Dea ragione" e del secolo dei lumi si rinchiude in se stessa, immalinconita per la perdita della passata "grandeur" e sempre più preda dell'irrazionalità (è di recente uscito un libro di S. Jumel, "La sorcellerie au coeur del la Republique", in cui vi si descrive con puntualità come le più alte sfere del potere francese siano dedite all'occultismo, ai tarocchi e alle sedute spiritiche). Francia "stato canaglia" dunque? Certamente non in senso stretto. Tuttavia i comportamenti di rottura sistematica portati all'interno di tutte le istituzioni sovranazionali che non soggiacciono ai loro capricci fanno dei francesi una delle più serie mine vaganti dell'attuale (dis)ordine internazionale.

19 novembre 2003

luciano.priorifriggi@tin.it

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