"Perché si accaniscono contro la Turchia"
intervista a Carlo Panella di Cristina Missiroli

“Quattro attentati, cadenzati, feroci. E’ possibile sostenere che non facciano parte di un unico disegno strategico che ha seminato strage fra tutti e tre i “popoli del libro”, musulmani, cristiani, ebrei, uniti da fanatici musulmani dalla condanna a morte per apostasia”. Carlo Panella crede proprio di no. Giornalista parlamentare Mediaset, Panella ha appena dato alle stampe il suo nuovo saggio sul Medio Oriente, dal titolo “I piccoli martiri assassini di Allah”, dedicato all’indottrinamento scolastico, religioso, mediatico cui viene sottoposta un’intera generazione di ragazzini che, vittima della propaganda, crede che la morte per Allah in guerra sia la più elevata impresa conseguibile in vita. All’indomani degli ultimi, tragici attentati, Panella commenta: “Nella successione infernale degli attentati portati a segno nel corso di una settimana si può leggere di tutto, anche la più casuale delle coincidenze, ma è difficile non cogliere l’intimo legame che li unisce”.

C’è una mente unica dietro gli attentati di Istanbul, Nassiriya, Riad e Israele?

Sa cosa vuol dire al Qaeda?

Veramente no. Cosa?

Secondo l’islamista Gilles Kepel il termine vuol dire semplicemente “database”, strumento di software che bin Laden si è fatto programmare per creare una rete larga di contatti tra organizzazioni autonome.

Quindi?

Quindi è inutile e forse persino dannoso cercare tracce di organizzazioni verticali, di Spectre del terrorismo di tipo classico. E’ sbagliato mitizzare al Qaeda come fosse un’unica centrale raffinatissima che emana ordini e li fa portare a segno. Ma di certo si può dire che si tratta di un arcipelago terrorista unito da una strategia comune e condivisa.

La scena in questi giorni è piuttosto sconfortante. Come si combatte questo genere di terrorismo?

Purtroppo l’Occidente è ancora diviso nella definizione dell’analisi del terrorismo islamico. La vecchia Europa si attarda ad osservare ed affrontare zona di crisi per zona di crisi: la specificità del conflitto israelo-palestinese da una parte, la specificità della crisi saudita da un’altra, quella della situazione irachena da un’altra ancora e infine la specificità della politica turca. Invece, gli Usa, dopo la tragedia dell’11 settembre, hanno colto il profondo e intimo legame che unisce in un unico fronte tutte queste crisi. E, pragmaticamente, tentano di contrastarlo. Non senza errori, certo. Ma ci provano.

Perché questo accanimento atroce contro la Turchia?

I terroristi turchi, con notevole intelligenza politica, ben sanno che ad Ankara si gioca una partita fondamentale per la pacificazione e la democratizzazione non solo dell’Iraq, ma dell’intero Golfo e di Israele.

Ci può spiegare meglio?

Il fatto è che i terroristi sanno bene che il caos in cui sta precipitando l’Arabia Saudita può essere controbilanciato solo da un rafforzamento della potenza regionale turca. E l’unico modo per contrastare questo bilanciamento è gettare la Turchia nell’instabilità, come già fecero negli anni Settanta. Il problema è che questa analisi è chiara ai terroristi islamici, ma non è chiara affatto a quei settori della vecchia Europa che continuano a contrastare l’ingresso della Turchia nell’Ue. Con Romano Prodi in prima fila.

Cosa rende il ruolo turco tanto importante?

Il ruolo che la Turchia può giocare in Mesopotamia è evidente. Esattamente come sono evidenti le difficoltà di metterlo in atto. Poco conosciuta invece è la funzione determinante di protezione di Israele che oggi esercita il governo di matrice islamica di Ankara. La Turchia ha sempre avuto un ruolo estremamente aperto nei confronti di Israele, tanto che è stato il primo (e per lunghi decenni l’unico) Stato islamico a riconoscere Israele sin dal 1949. Entrata nella Nato, Ankara ha sempre più intensificato la sua partnership con Gerusalemme, tanto da subentrare nel 1979 all’Iran dello scià nel garantirle il flusso degli approvvigionamenti di petrolio. Con il 1996, nel contesto creato dagli accordi di Oslo tra Yasser Arafat e Yitzhak Rabin, Ankara e Gerusalemme hanno annodato legami sempre più stretti di partecipazione militare ed economica. Alla luce di questi legami, gli attentati di Istanbul assumono un significato ancora più sinistro e drammatico, perché colpiscono il nervo scoperto di un’alleanza vitale per la difesa di Israele.

19 novembre 2003

 

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