"Un plebiscito tutto da interpretare"
di Ernesto Galli della Loggia

”Certamente l’elettorato californiano non è stato semplicemente ammaliato dai muscoli del suo nuovo governatore. Mi sembra fuor di dubbio”. Secondo Ernesto Galli della Loggia, professore di storia dei partiti politici all’Università di Perugia ed editorialista del Corriere della Sera dicono poco le conclusioni tirate da molti osservatori italiani sul risultato del voto in California. “Quella californiana è stata una chiamata alle urne plebiscitaria, che ha superato ogni più rosea previsione, attirando il 60% degli aventi diritto al voto nel più popoloso degli Stati americani. Un fatto raro, anche se non capita tutti i giorni di poter sfiduciare un proprio rappresentante. A questo proposito non molti osservatori italiani hanno sottolineato abbastanza il carattere fortemente democratico del meccanismo del recall – la chiamata al voto degli elettori per sfiduciare o confermare il favore ad un proprio rappresentante non alla scadenza naturale ma nel corso del suo mandato – anche se si tratta di un meccanismo proprio di una democrazia di tipo non rappresentativo, e quindi ai nostri occhi discutibile: non a caso esso fu adottato dalla prima Costituzione sovietica.

Invece, quasi tutti hanno collegato il fenomeno Schwarzenegger alla spettacolarizzazione…

Alla spettacolarizzazione ma soprattutto alla personalizzazione della politica, che in questo caso, certamente, ha assunto un carattere clamoroso ed evidente a chiunque. C’era dunque da aspettarselo. Su questa falsariga altrettanto scontata l’evocazione dello spettro del populismo, come premessa e sbocco inevitabili di una impostazione della politica di questo genere. Ma tutto ciò, anche se in parte in misura fondata, non può mettere in ombra due dati di fatto fondamentali.

Quali?

Il primo è che in realtà nella politica dei paesi democratici, a dispetto di ogni apparenza, continua ad essere più importante del “come” il “che cosa”, il contenuto alla fine fa sempre agio sulla forma. Nel caso californiano, ad esempio, l’elezione di Schwarzenegger è dipesa sì dai suoi muscoli ma forse di più dal bisogno di sicurezza che oggi attraversa l’elettorato californiano, come del resto molti altri elettorati alle prese con i grandi problemi del terrorismo, dei cambiamenti culturali prodotti dalle emigrazioni, della instabilità degli andamenti economici, della crisi di un vecchio modo di concepire le politiche di welfare.

A suo avviso, dunque, Schwarzenegger ha vinto perché è riuscito a rispondere più di ogni suo avversario ad un bisogno di protezione e sicurezza degli elettori?

Schwarzenegger probabilmente, con la sua determinazione, il suo atteggiamento volitivo, la sua ferrea disciplina e almeno dieci proposte politiche volte a far fronte allo stato d’incertezza (di cui quasi tutti si sono guardati bene dal parlare), ha dato una risposta alle aspettative più riposte, ma anche più sostanziali, dell’elettorato. Proprio le aspettative a cui verosimilmente il povero governatore Davis non aveva saputo far fronte. Come si fa non capire che oggi il bisogno di sicurezza rappresenta oggettivamente uno degli elementi fondamentali della domanda politica?

E il secondo elemento su cui riflettere?

Ha a che fare con la chiamata in causa del populismo a proposito dell’elezione di Schwarzenegger. Anche qui sarebbe bene chiarirsi le idee. Riflettere ad esempio sul fatto che è senz’altro vero che oggi una dose significativa di populismo è efficace al momento di chiedere e ottenere il consenso della gente. E che quindi molti politici in campagna elettorale cedano alla tentazione populista. Ma da qui a praticare poi una volta eletti delle politiche realmente populiste ce ne corre molto. In realtà, fare politiche davvero populistiche – e cioè necessariamente basate sull’uso spregiudicato delle finanze pubbliche e sul protezionismo – in un qualunque paese dell’Occidente, inserito in una ferrea rete di regole e di organismi internazionali fondati sui principi dell’integrazione multilaterale e dell’economia di mercato, è virtualmente impossibile. E infatti finora, specie a sinistra, si è gridato al populismo spessissimo, ma ben di rado, che io ricordi, si è stati in grado di dire quale politica proposta o attuata fosse realmente populista.

24 ottobre 2003

vivenzio@ideazione.com

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