Stati Uniti. Il tradimento francese
di Cristina Missiroli

“E’ ora che gli americani facciano mente locale su un punto: la Francia non è soltanto un nostro irritante alleato. Non è soltanto un nostro geloso rivale. La Francia sta diventando un nostro nemico.” Iniziava così l’editoriale di Thomas L. Friedman pubblicato il 18 settembre scorso, dal New York Times. Il titolo non lasciava spazio ad interpretazioni cerchio-bottiste: “La nostra guerra con la Francia”.

Non si tratta di un caso isolato sulla stampa d’oltreoceano. Molti dei giornali americani, anche liberal, hanno recentemente ripreso ad alzare il tiro contro Parigi e il suo governo. Contemporaneamente. E lo hanno fatto ancor prima che gli interventi di Bush e Chirac all’assemblea delle Nazioni Unite confermassero il baratro che divide i due governi. Una campagna di stampa che è semplicemente il sintomo di un malessere profondo dei cittadini Usa verso quello che ritengono un tradimento incomprensibile da parte di un alleato storico.

Jacques Chirac era stato il primo dei leader europei a salire i gradini della Casa Bianca dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. Ma già in quell’occasione, l’ultimo arrivato, il presidente spagnolo José Aznar, avvertì George W.Bush: “Con la stessa velocità con la quale hanno salito le scale della solidarietà, scenderanno quelle dell’impegno”. La previsione, puntualmente, si avverò. La Francia diede inizio al balletto dell’ostruzionismo e del veto nei confronti degli interventi militari Usa in Medio-Oriente. Tra la delusione incredula di quanti, nell’amministrazione americana e nel paese, non riuscivano ad accettare che quel tradimento si consumasse davvero.

Per l’opinione pubblica americana fu una grande delusione. Uno shock che prese la via persino del boicottaggio spontaneo dei consumatori nei confronti dei prodotti francesi e perfino dei viaggi in Francia. Per gli americani il tradimento di Jacques Chirac era infatti particolarmente difficile da digerire. Molto più dell’ostilità di Russia e Germania. In fondo Berlino è il vecchio nemico sconfitto nella Seconda Guerra mondiale. E, anche se molta acqua è passata sotto i ponti, un po’ di invidia e risentimento può ancora albergare nei cuori tedeschi. Mosca poi, ha tutto il diritto di non voler correre incontro a braccia aperte verso quello che fino a pochi anni fa era il nemico per eccellenza. Atteggiamenti bislacchi, ma comprensibili ai cittadini Usa.

Parigi no. Il legame tra Usa e Francia risale ai tempi della Rivoluzione Americana, è vecchio di secoli. Risale a quando i giovani ufficiali francesi misero a disposizione le loro armate e la loro vita nella guerra d’indipendenza che segnò la nascita degli Stati Uniti. Un legame che si è rinsaldato con il sangue dei giovani americani che sbarcarono in Normandia per liberare Parigi dall’occupazione tedesca. Per questo il tradimento è tanto doloroso. E difficilmente potrà essere dimenticato nel breve periodo. Ma “quel che è più triste - scrive Friedman nel suo editoriale - è che la Francia ha ragione: l’America non sarà altrettanto efficace e legittimata nel suo sforzo di ricostruire l’Iraq senza l’aiuto di Parigi. Avere la Francia al nostro fianco in Iraq, invece che contro di noi nel mondo intero, porterebbe un gran beneficio ad entrambe le nazioni e al futuro dei paesi arabi. Peccato che il governo francese abbia altre priorità”.

26 settembre 2003

missiroli@opinione.it
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