Unione Europea. Prodi, Eurostat e tolleranza zero
di Gianfranco Dell’Alba*
Nel suo discorso di investitura, a luglio 1999, Romano Prodi, presidente della Commissione europea, aveva dichiarato davanti al parlamento europeo che la priorità della sua Commissione era la lotta alle frodi annunciando “tolleranza zero” e, soprattutto, che non si sarebbero ripetuti gli errori commessi in passato. Quattro anni più tardi, è giocoforza constatare che la Commissione sembra aver mancato l’obiettivo che si era prefissata. L’affare Eurostat ne è la prova evidente. Anche se le eventuali frodi e gli sviamenti dei fondi fossero tutti avvenuti prima dell’insediamento dell’attuale Commissione, è assai grave che la nuova Commissione non si sia resa conto della loro esistenza e che, nel caso di Eurostat, abbia preso l’iniziativa di fare piena luce sulla vicenda solo in seguito ad articoli di stampa, quando già da diversi anni la corte dei conti, nei suoi rapporti annuali, e più recentemente il parlamento europeo vi attiravano l’attenzione.
Possibile che solo dopo uno scoop del Financial Times la Commissione abbia adottato le misure necessarie per verificare l’esistenza, in altre direzioni generali, di contratti simili, per sospendere dalle loro funzioni le persone sospettate di avere responsabilità, ecc.? Come giudicare il fatto che siano necessarie tre inchieste in contemporanea per far luce, il più in fretta possibile, su questo affare quando l’ufficio di Lotta Anti-Frode (Olaf) ci lavora da oltre tre anni e le sue conclusioni non sono ancora state rese pubbliche? Non a caso, da quando il Parlamento europeo ha messo sotto pressione la Commissione stanno emergendo altri casi. Uno riguarda il Cesd, per il quale è stata effettuata un’audizione nel 2000 mettendo di fatto in causa i servizi alle dipendenze dei commissari Patten e Nielsen, l’altro riguarda l’ufficio delle pubblicazioni, l’Opoce. In tale contesto le dimissioni del solo commissario Solbes, responsabile di Eurostat, come richiesto da alcuni parlamentari quale ideale “capro espiatorio”, non risolverebbero affatto una situazione generalizzata.
I sospetti e le supposte frodi, irrisolti da diversi anni, più che ad una volontà deliberata del collegio dei Commissari di chiudere gli occhi sulle questioni del passato per andare avanti, fanno pensare ad una fiducia cieca e un po’ sconsiderata nei benefici “taumaturgici” della riforma Kinnock che, sia detto per inciso, è il solo commissario a non avere un portafoglio operativo, e dalla convinzione che la sua semplice realizzazione sarebbe sufficiente a cancellare tutti i problemi e le abitudini del passato. In tale contesto è chiaro che l’audizione di Prodi lo scorso 25 settembre non basta a tranquillizzare i parlamentari e che nei prossimi mesi la commissione dovrà realizzare un lavoro approfondito per risolvere i problemi di funzionamento in tempi particolarmente ridotti, mentre è da prevedere che la commissione di controllo del bilancio del Parlamento europeo intenderà approfondire la questione prima di trarne le conclusioni da sottoporre al voto della plenaria.
Questo lavoro dovrà coinvolgere anche l’Olaf e, in particolare, gli aspetti relativi alla qualità delle sue prestazioni, ma dovrà anche riguardare le relazioni che devono esistere tra le istituzioni e i loro servizi perché quest’ufficio, creato appunto per combattere in modo efficace le frodi al bilancio comunitario, dall’inizio delle indagini su Eurostat nel 2000 non è riuscito a fornire alla Commissione alcuna informazione, né per darle consigli, né per permetterle di fare ordine nei contratti di Eurostat, prima che siano rese pubbliche le sue conclusioni finali. Anche qui la situazione è grave perché il direttore generale dell’Olaf, Brüner, ha preferito conservare gelosamente le inchieste piuttosto che svelarne il minimo indizio alla commissione lasciando così, a quanto sembra, che la commissione stessa e le persone coinvolte venissero a conoscenza dei fatti a mezzo stampa e solo dopo il deposito di un dossier presso le autorità giudiziarie francesi.
Di fronte alla complessità di questo affare, è chiaro che Brüner non potrà continuare a trincerarsi dietro alle regole e ai regolamenti del funzionamento dell’Olaf a pretesto che queste impongono che egli resti totalmente indipendente dai servizi della Commissione. Poiché le “fughe” di notizie che alimentano la stampa, in generale - guarda caso - quella tedesca, sembrano provenire proprio dall’interno dell’Olaf, questo argomento è totalmente insufficiente poiché è chiaro che proprio tale condotta dell’Olaf costituisce uno degli elementi che ha contribuito all’incapacità della commissione di avere una visione d’insieme sulla gestione dei fondi posti sotto la sua responsabilità.
26 settembre 2003
*Gianfranco Dell’Alba è parlamentare europeo del Partito Radicale
Transnazionale.
(da l’Opinione del 25 settembre 2003)
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