Afghanistan. Ora è il turno della Troika europea
di Margherita Boniver

Il governo provvisorio afghano guidato da Karzai ha un compito tanto difficile quanto strategicamente fondamentale all’interno dello scacchiere geopolitico mondiale: far approvare entro dicembre dalla Loya Jirga, la grande assemblea parlamentare, la carta costituzionale del paese. Per la prima volta essa conterrà tra i propri principi anche il diritto alla libera associazione politica, riconosciuta a tutti i cittadini senza distinzioni di ''etnia, razza, lingua, tribu', sesso, religione, istruzione, occupazione, discendenza, ricchezza e residenza''. In base alla nuova legge ''il sistema politico afghano deve essere fondato sui principi di democrazia e pluralismo politico''. Ovviamente è bandito l’uso della forza per mantenere o prendere il potere, e rimane il divieto di perseguire obiettivi che si oppongono alla religione islamica. La soglia minima per la formazione di una nuova associazione politica è stata fissata in settecento membri. 

Questo rappresenta un passo decisivo che consentirà l’elezione di un nuovo governo democratico entro l’estate del prossimo anno, alla cui guida si propone già da oggi lo stesso Karzai. Nei giorni scorsi il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e le principali organizzazioni umanitarie internazionali hanno chiesto un allargamento delle operazioni della forza multinazionale (Isaf) per assicurare la stabilità delle provincie, spesso "feudi" di signori della guerra. Sulla base di un mandato dell'Onu, la Nato ha attualmente 5.500 uomini a Kabul per il mantenimento dell'ordine nella capitale. Altri 11.500 militari fanno parte della coalizione sotto il comando americano che combatte gli sbandati talebani e di al Qaida. 

L’Italia, in tutto questo, ovviamente non è stata a guardare. Per sei mesi, attraverso l’operazione Nibbio, le nostre truppe hanno pattugliato l’area di Khost, al confine sud orientale tra Afghanistan e Pakistan. Guidate dal generale Giorgio Battisti, le truppe alpine, poi affiancate da squadre di paracadutisti della Folgore, hanno pattugliato e monitorato uno tra i territori più ostili dell’intero Afghanistan, punto di collegamento con le aree tribali pakistane. Il bilancio, a pochi giorni dalla fine della missione, non può che essere positivo, sia da un punto di vista militare che civile. Gli scontri ancora in atto, infatti, sono localizzati in province territorialmente lontane da quella occupata dai militari italiani, a dimostrazione che il pattugliamento e la prevenzione hanno contribuito in maniera incisiva e determinante ad un allontanamento della minaccia permanente rappresentata dai war-lords, i “signori della guerra”.

La popolazione locale ed il governo provvisorio hanno espresso più volte apprezzamenti di fiducia verso il lavoro svolto dal nostro esercito, che ha coordinato l’attività in maniera tale da assomigliare fortemente ad un Provincial Reconstruction Team, cioè un sistema volto a distribuire militari ed esperti di cooperazione nelle diverse province per sostenere l’autorità centrale e l’opera di ricostruzione. A questo proposito, sia da parte afghana che statunitense, sono numerose le richieste giunte per formalizzare definitivamente tale metodo di cooperazione attraverso la creazione di una vera e propria area di ricostruzione provinciale a completo controllo italiano. E’ una questione delicata, rischiosa e soprattutto costosa, della quale però sono chiamate a farsi carico molti Paesi coinvolti nel sostegno a Karzai ed all’intero Afghanistan. 

La conclusione dell’operazione Nibbio rappresenta quindi per l’Italia, e di riflesso per la Farnesina, un punto di svolta: proprio nel momento in cui l’Afghanistan è entrato nella fase più difficile della ripresa il nostro apporto deve continuare ad essere concreto e fattivo, soprattutto per non dissipare l’ottimo lavoro svolto durante i sei mesi di permanenza a Khost. L’impegno europeo si concretizzerà alla fine di ottobre, quando guiderò, in funzione del semestre di presidenza italiana, la Troika Ue a Kabul, per stabilire le prossime mosse a sostegno del governo provvisorio di Karzai. Saranno discusse ed eventualmente avallate le alleanze e le pressioni che il governo di transizione dovrà intraprendere per smobilitare, e possibilmente annientare, le milizie neo-talebane.

26 settembre 2003

margherita@margheritaboniver.it

stampa l'articolo