Quando l’Onu complica i rapporti tra gli stati
di Vittorio Mathieu

A semplificare i rapporti tra Stati l’Onu non riesce, come non riusciva la Società delle Nazioni, che la precedette tra le due guerre. Ma a complicarli sì, e anche questa è una forma di efficacia: per alcuni fonte di disturbo, per altri di soddisfazione. Credo che dai tempi di Clemenceau la Francia non desse più dimostrazione di potenza paragonabili a quella che dà oggi, minacciando di esercitare il diritto di veto.

Ovviamente gli Stati Uniti avrebbero dovuto giocare d’anticipo: sostenere (a torto o a ragione) di essere autorizzati ad atti di guerra contro l’Irak dalle precedenti risoluzioni, non rispettate, e scegliere il momento migliore per intervenire. Il Consiglio di sicurezza avrebbe messo ai voti una mozione di condanna e allora sarebbero stati gli Stati Uniti a far valere il diritto di veto. Non han capito che il diritto di veto serve a rendere ineccepibili le proprie azioni, non a impedire le malefatte degli altri. Già in Omero alcuni eroi, i più importanti, erano caratterizzati dalla qualifica di “irreprensibili”. Ad esempio: “l’irreprensibile Bucolione”. Non si tratta di un aggettivo meramente esornativo. Né significa che costoro non compissero mai qualcosa di riprovevole. Significa, letteralmente, che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di riprenderli, a scanso di reazioni.

Allo stesso modo cinque membri del Consiglio di sicurezza sono per statuto irreprensibili, perché qualsiasi risoluzione che li condanni è soggetta al diritto di veto. La Francia ha saputo approfittarne; la Russia l’ha seguita, pur avendo lo stesso interesse degli Stati Uniti ad assoggettare l’Irak. Gli Stati Uniti han creduto, al contrario, di poter seguire un procedimento lineare, grazie al loro prestigio, alla loro valuta, alla loro potenza. E ora ci fanno una figura magra. Machiavelli dice che chi vuol prevalere deve saper congiungere “la golpe e il lione”. Nella politica americana verso l’Irak la golpe non si è vista. Ora son tutti a domandarsi se si vedrà il lione.

14 marzo 2003

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