Gulag Irak. Viaggio nell’inferno umanitario di Saddam
intervista a Sergio D’Elia di Pierpaolo La Rosa

Pochi giorni fa, l’associazione “Nessuno tocchi Caino” ha presentato un’anticipazione del Rapporto 2003 dedicato alla pena di morte nel mondo. Anticipazione che riguarda l’Irak e il regime di Saddam Hussein. E’ sufficiente leggerne qualche pagina per rabbrividire: da quando, più di vent’anni fa, è salito al potere, il dittatore di Bagdad ne ha combinate di cotte e di crude. Un vero e proprio campionario di atrocità. Scene buone per i patiti dei film dell’orrore, se tutto non fosse tremendamente vero. Ne abbiamo parlato con il segretario dell’associazione Sergio D’Elia.

Segretario, che tipo di storia è quella dei diritti umani in Irak? 

E’ una storia infinita – o che dura da almeno 24 anni – di sparizioni, di esecuzioni sommarie, di pulizia delle carceri con migliaia di detenuti giustiziati nel corso del tempo, di tagli di mani ed orecchie, di marchiatura della fronte, di lingue mozzate a coloro che si permettono di criticare Saddam. Che il regime di Bagdad costituisca una minaccia alla pace ed alla sicurezza mondiale, è una cosa di cui si sta ancora discutendo: ci sono ispettori in cerca di prove, mentre l’Europa ed il Consiglio di sicurezza Onu sono divisi. Ma che il raìs continui a rappresentare un pericolo concreto e attuale ai diritti umani fondamentali, alla vita, alla libertà, alla sicurezza dei propri connazionali, è un dato di fatto incontestabile, rispetto al quale la comunità internazionale si deve assumere le sue responsabilità.

Cosa dovrebbe fare la comunità internazionale? 

Potrebbe decidere di mettere in pratica quel principio, ormai invalso, del diritto internazionale relativo all’ingerenza a fini umanitari. Occorre, poi, costringere Saddam ad andarsene; naturalmente, non so se siamo in tempo per conseguire questo risultato. Una volta fatto fuori il dittatore, bisogna però evitare che il suo posto venga occupato da un personaggio altrettanto sanguinario.

In tutto ciò, quale sarebbe il ruolo delle Nazioni Unite?

Un ruolo importante: l’Onu dovrebbe infatti governare l’Iraq per almeno tre anni, in modo tale da riportarlo alla democrazia, sancendo l’affermazione del diritto alla libertà ed alla vita di milioni di persone.

Una eventuale guerra non potrebbe essere il colpo mortale per una popolazione già duramente colpita dal raìs? 

Parliamoci chiaro: in realtà, in Iraq la guerra esiste, viene chiamata pace ed è la dittatura. Io non sono perché si risolvano le crisi internazionali attraverso il conflitto. L’alternativa a cui voglio lavorare non è tra l’intervento armato, che comporta, come effetto collaterale, ulteriori disagi alla popolazione e la pace, che significa la certezza di decine e decine di migliaia di vittime. Intendo piuttosto lavorare ad una ipotesi che permetta a quel paese di vivere la speranza di democrazia, di rispetto della dignità umana. E’ una prospettiva che le Nazioni Unite possono governare. Poco importa se Saddam ci sia o meno.

Il rapporto di “Nessuno tocchi Caino” denuncia che nel solo 2002 ci sono state almeno 200 esecuzioni capitali…

Duecentoquattordici, per la precisione, e sono solo quelle di cui siamo riusciti a sapere. Per non parlare delle misteriose sparizioni di prigionieri. Insomma, questa è la realtà di uno Stato, rispetto al quale è necessario assumersi delle responsabilità ben precise: bisogna intervenire e riportare il rispetto dei diritti che sono scritti in tutte le Carte internazionali e che sembra siano un lusso che si possono permettere soltanto i cittadini occidentali, mentre quelli arabi no. A ben vedere, questa è una forma di razzismo davvero odiosa ed intollerabile. 

14 marzo 2003

pplarosa@hotmail.com
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