Israele, il neocolonialismo politicamente scorretto
di Vittorio Mathieu


Coloro che detestano Israele non ne sanno il perché. Coloro che lo vedono di buon occhio qualche volta lo sanno, ma non lo dicono. L'unica che, essendo neutrale, mi disse la ragione giusta, molti anni fa, fu l'allora segretaria generale della nostra Commissione Unesco: "Infondo, Israele è l'ultimo esempio di colonialismo". Mi limitai ad aggiungere: odiato perché riuscito. Chi ha il coraggio di riconoscere, oggi, che la salvezza dei popoli sulla sponda meridionale del Mediterraneo, e poi giù fino al capo di Buona Speranza, dipenderebbe da un neocolonialismo? Tutti lo giudicano, più ancora che politicamente scorretto, inconfessabile.

Non si tratta di mandare sul posto governatori militari stranieri, ma di rafforzare i potenti locali, dopo averli persuasi, però, di alcune verità elementari. Non che sia doveroso instaurare dappertutto governi modellati sull'Inghilterra di Pitt o di Disdraeli, non ci riusciamo neppure in Europa. Bensì che occorrerebbe convivere con i vicini e rispettare i soggetti, pena un intervento immediato. La parità tra gli Stati è una finzione molto più pericolosa che la democrazia interna. Tra le due guerre sembrò una soluzione ideale l'istituto del "mandato" da parte della Società delle nazioni. Doveva essere una soluzione temporanea e lo fu; ma lasciò un'eredità positiva solo in Tunisia. Poi i signori del petrolio, Iran compreso, si allinearono progressivamente sulle posizioni, prima dei comunisti, poi dei "mullah", con l'assenso delle grandi compagnie petrolifere, che si credono al di sopra di ogni pericolo.

Non è strano che resistano meglio i paesi senza petrolio, come Tunisia, Giordania, Turchia? L'Arabia Saudita forse sarà al sicuro quando la maggioranza della sua popolazione sarà costituita da discendenti della famiglia regnante, che risolve al proprio interno i suoi problemi. Ma per ora è una polveriera da cui la monarchia allontana i fulmini solo perché il petrolio non basta averlo, occorre anche venderlo. Fino a quando? La pari sovranità tra tutti gli Stati dell'Onu è una finzione che favorisce i membri di ristrette élite locali, che (con qualche pericolo per la testa) divengono capi di stato, ministri dispotici, o almeno ambasciatori; ma espone a spoliazioni e a genocidio quei popoli a cui si pretende di riconoscere dignità democratica. I governatori stranieri di un tempo a volte commettevano abusi, ma (per la loro professione, non per il loro buon cuore) regolavano meglio la vita dei popoli.

27 settembre 2002

 



 

stampa l'articolo