Sud-est asiatico: dall'utopia all'inferno
di Barbara Mennitti
Trent'anni fa le sinistre e i pacifisti di tutto il mondo riempivano le
piazze manifestando per la libertà del Vietnam. Oggi di questo paese
tutt'altro che liberato sembra non interessarsi più nessuno. Le anime
belle della sinistra non sembrano turbate dal fatto che nel paese
simbolo delle loro battaglie giovanili sia in vigore un sistema
monopartitico in cui il Partito comunista vietnamita controlla
ossessivamente tutti gli ambiti della vita politica e quotidiana. Le
libertà di espressione, di associazione e di manifestazione sono
praticamente inesistenti, le minoranze etniche sono oppresse e vessate,
soprattutto i Montagnard, una popolazione cristiana che abita gli
altipiani centrali del Vietnam, i leader religiosi vengono imprigionati
perché violano l'articolo 4 della costituzione, quello che equipara la
"dottrina socialista" a una religione, le Chiese vengono distrutte e i
nemici del regime torturati.
Non importa a nessuno se non ai soliti radicali che il 16 e il 17
settembre nella sede del Parlamento Europeo hanno organizzato una
conferenza sul Sud-est asiatico dal titolo "La democrazia negata, le
libertà massacrate: la situazione in Birmania, Laos e Vietnam", in
collaborazione con il Lao Movement for Human Rights, il Quê Me: Action
For Democracy in Vietnam e il National Council of the Union of Burma.
Era presente anche il dissidente cinese Wei Jingsheng. Le storie
raccontate dai rappresentanti dei tre paesi si assomigliano tutte in
qualche modo: storie di libertà civili inesistenti, di diritti violati,
di abusi giuridici, di arresti arbitrari, di regimi corrotti, di grande
miseria.
Ma il grande imputato di queste due giornate di dibattito è stata
l'Unione Europea che finanzia questi paesi tramite accordi di
cooperazione che dovrebbero essere vincolati al rispetto della
democrazia e del rispetto dei diritti umani, clausola che rimane
invariabilmente lettera morta. Il Vietnam, per esempio, nell'ambito di
una nuova strategia di cooperazione, riceverà dall'Unione Europea un
finanziamento di circa 162 milioni di euro nel periodo 2002-2006. Soldi
che, secondo i radicali, non portano nessun vero beneficio alle
popolazioni locali, ma sortiscono, anzi, come unico effetto quello di
rafforzare i regimi.
Il 21 settembre il Partito Radicale Transnazionale ha indetto una
giornata mondiale di lotta non violenta per la libertà e la democrazia
nel Vietnam con manifestazioni a Washington, Bruxelles, Roma, Parigi,
Mosca, Firenze, Napoli ed altre città, dove gli occidentali si sono
mescolati ad i rifugiati vietnamiti e ai Montagnard. Ma non è finita: il
16 ottobre ci sarà una manifestazione di fronte alla sede della
Commissione Europea, per chiedere la sospensione dei finanziamenti a
questi regimi dittatoriali. Il 26 ottobre i radicali protesteranno di
fronte alle ambasciate laotiane, per chiedere che vengano almeno
processati i cinque studenti rapiti dalle autorità proprio il 26 ottobre
del 1999 mentre manifestavano per la democrazia nel loro paese. Da
allora nessuno ne ha più saputo niente e l'anno scorso quattro militanti
radicali e un europarlamentare, Olivier Dupuis, si fecero arrestare a
Ventiane per attirare l'attenzione dei media occidentali sulla mancanza
di democrazia in Laos.
27 settembre 2002
bamennitti@ideazione.com
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