Edmund Stoiber, i tre ostacoli dello sfidante
dal nostro inviato


BERLINO. Per conoscere i difetti di Edmund Stoiber, l'uomo scelto dal centrodestra per contendere la Cancelleria a Gerhard Schröder, basta farsi un giro dei cartelloni elettorali che lo ritraggono e leggere quello che gli attivisti dell'Spd ci hanno scritto sopra. Maiale, nazista, razzista, contaballe, amico di Kohl. Un ventaglio di insulti tale da chiedersi come mai un criminale di tal fatta abbia potuto per nove anni governare con successo la Baviera, il Land più ricco del paese. Questo sottile abbrutimento della contrapposizione politica, che iscrive gli attivisti della sinistra tedesca alla stessa scuola di bon ton dei girotondini italiani, dà la misura (oltre che della cattiva educazione) della difficoltà che incontra Stoiber nel farsi accettare fuori dei propri confini geografici e partitici. E siccome la sfida si decide nell'elettorato di mezzo e fuori da Monaco di Baviera, ecco spiegato perché l'aspirante cancelliere dovrà sudare fino all'ultimo le proverbiali sette camice per avere ragione del suo avversario.

Gara in salita, dunque, per Edmund Stoiber. Primo: viene da una regione, la Baviera appunto, che tutti gli altri tedeschi considerano un mondo a parte. Troppo cattolica, troppo pulita, troppo ricca. I bavaresi sono considerati i primi della classe e sono simpaticamente odiati per avere la pretesa di volerlo sempre dimostrare. E Stoiber appare, in ogni occasione di dibattito, il primo dei primi. Quello che ha studiato meglio di tutti e sa sempre cosa va bene e cosa no per ogni argomento. Una volta questa sarebbe stata una perfetta garanzia di competenza, qualità sempre apprezzata dall'elettorato tedesco ("Kompetenz und Deutlichkeit", competenza e chiarezza, sono le parole magiche che ritornano in ogni campagna elettorale da queste parti). Ma se ad essere competente è un bavarese, allora ci deve essere per forza una fregatura da qualche parte.

Secondo: viene da un partito, la Csu, che è la costola regionale della più grande Cdu. Più tosta e più destrorsa della sua sorella maggiore, la Csu si è sempre distinta per una politica più conservatrice, soprattutto in tema di immigrazione e costume. E' il partito del defunto Joseph Strauss, il brillante politico bavarese - del quale Stoiber fu il delfino - che molti ricorderanno per la voluminosa pancia e la faccia rubiconda e che ebbe l'ardire nel 1980 di sfidare per la Cancelleria un mostro sacro dello snobismo della sinistra radical chic tedesca come Helmut Schmidt: perse e sembrò definitivamente tramontata l'ipotesi che un uomo della Csu potesse mai vincere una campagna elettorale fuori da Monaco. E invece la crisi della Cdu, la decapitazione della sua classe dirigente, la fragilità della leadership di Angela Merkl hanno dato il via libera a Stoiber che è un politico fine e determinato ma dovrà far dimenticare al moderatissimo e laicissimo elettorato di centro un paio di uscite un po' brutali contro i matrimoni fra omosessuali.

Stoiber ha anche un terzo ostacolo da superare: l'eredità di Helmut Kohl. Troppo lungo e troppo ampio è stato il potere di Kohl perché esso non faccia ancora ombra sui suoi successori. Il presidente della Baviera dovrà convincere gli elettori che il ritorno dei democristiani non sarà un salto nel passato, ma la scelta migliore per rimettere il paese sui giusti binari. "E' tempo di fare", dice il suo pragmatico slogan elettorale. Fare quello che per nove anni ha fatto in Baviera, dove la disoccupazione è metà di quella della Germania e l'economia non conosce crisi. E' sottinteso. Ma non lo si può gridare troppo forte. Altrimenti gli altri tedeschi si offendono. (p. men)

13 settembre 2002



 

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