Danimarca, il semestre europeo degli euroscettici
di Barbara Mennitti
Il semestre di presidenza spagnola dell’Unione Europea appena conclusosi
era stato preceduto da grande clamore, accurati preparativi e vigorose
dichiarazioni d’intenti. E forse è stato proprio per questo che ha dato
la sensazione di essere scivolato via in maniera un po’ opaca e
incolore, senza riuscire a dare al complesso delle politiche comunitarie
quella sterzata e quella iniezione di vitalità che ci aspettava dalla
compagine di Jose Maria Aznar. Molto più in sordina si è, invece,
avvicendato il semestre di presidenza danese, che guiderà l’Unione
Europea dal primo luglio al 31 dicembre del 2002. Un semestre atteso con
curiosità anche per valutare le capacità di guida di un paese
tendenzialmente euroscettico. Senza grandi proclami, con sobrio stile
scandinavo, preceduto solo dall’invio negli uffici delle istituzioni
europee di qualche depliant turistico che invitava a passare le vacanze
nel freddo paese della Sirenetta, si è insediato il gruppo degli
operatori politici del primo ministro Anders Fogh Rasmussen.
Fra le tante questioni che la presidenza danese si troverà ad
affrontare, quella che ricopre maggiore importanza è sicuramente quella
relativa all’allargamento dell’Unione Europea. Nel programma danese si
legge infatti: “L’allargamento è in assoluto il compito cruciale che la
Presidenza danese deve affrontare. L’obiettivo della Presidenza è quello
di concludere i negoziati per l’adesione per almeno dieci paesi prima
della fine del 2002. Bisognerà, inoltre, far progredire il più possibile
quei paesi che non concluderanno i negoziati durante la Presidenza
danese.”. I paesi candidati all’ingresso nell’Unione Europea sono dodici
e devono soddisfare dei criteri, i cosiddetti “criteri di Copenhagen”,
perché stabiliti dal Consiglio Europeo nel meeting di Copenhagen nel
1993. Ai paesi candidati si richiede, in sintesi, una democrazia
politica stabile, la protezione delle minoranze ed il rispetto dei
diritti umani, un’economia di mercato funzionante e la forza economica
necessaria a fronteggiare la concorrenza nel mercato interno europeo. E’
necessario, inoltre che questi paesi facciano proprio l’intero corpo di
regolamenti comunitari e lo incorporino nelle loro legislazioni
nazionali.
Dieci di questi paesi, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta,
Polonia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica Ceca e Ungheria, sono talmente
avanti con il processo di riforma, che quasi certamente concluderanno i
negoziati per la fine di questa’anno. Due paesi, la Romania e la
Bulgaria, sono però destinati a rimanere esclusi da questa prima ondata
e sarà necessario compiere tutti gli sforzi possibili per evitare che
questa esclusione sia percepita come una punizione e crei scontento
nelle popolazioni che stanno sostenendo grandi sacrifici. Per questo, i
governi rumeno e bulgaro chiedono che la data per l’accesso di questi
due paesi venga fissata già adesso dai quindici paesi dell’Unione. Anche
questa sarà una decisione che spetterà alla Presidenza danese.
5 luglio 2002
bamennitti@ideazione.com
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