Siviglia, l’Europa prova a diventar grande
Le previsioni del tempo assicurano che in questo fine settimana, a
Siviglia, la temperatura raggiungerà i 40 gradi. Per fortuna, nelle sale
che ospiteranno i capi di Stato e di governo europei per il summit
conclusivo della presidenza spagnola gli impianti di aria condizionata
funzioneranno a pieno regime. La temperatura politica di questo
Consiglio europeo è già alta per conto suo e il presidente di turno José
Maria Aznar dovrà utilizzare tutto il proprio prestigio per ottenere il
successo cui ambisce. Sul tappeto questioni fondamentali: immigrazione,
allargamento, riforme istituzionali, patto di stabilità. Finora
l’attenzione dell’opinione pubblica si è concentrata sul primo punto, il
piano di lotta contro l’immigrazione clandestina che lo stesso Aznar
aveva illustrato un paio di settimane fa a Roma. A riportare tutto in
altomare è stata l’opposizione di tre paesi, Francia, Lussemburgo e
Svezia, emersa nell’ultimo vertice dei ministri degli Esteri. Il nodo
che i Quindici dovranno adesso sciogliere a Siviglia è legato alla
proposta innovativa del piano: sarà l’Unione Europea, e non più i
singoli Stati, a far firmare gli accordi di riammissione con i paesi da
cui vengono i clandestini. Corollario di questo punto è che l’Unione
potrà assumere ritorsioni economiche verso quei paesi che non dovessero
collaborare attivamente con l’Ue nel controllare la propria emigrazione.
L’opposizione della Francia, in particolare, poggia sul fatto che Parigi
intrattiene rapporti commerciali di grande rilievo con i paesi del Nord
Africa e del Levante, da cui proviene gran parte clandestini. E che
eventuali embarghi nei loro confronti decisi da Bruxelles possano
nuocere soprattutto all’economia francese. Parigi, insomma, non vuol
cedere sovranità su questo punto.
Al di là dei dettagli, che pure sono decisivi per raggiungere un
compromesso, va riconosciuto che la proposta spagnola ha l’obiettivo di
elevare a livello comunitario la gestione di un problema ormai
prioritario nella vita quotidiana di molti paesi europei. Nei sei mesi
di presidenza spagnola due campanelli d’allarme sono risuonati in
Francia ed Olanda, con i successi – pur diversissimi per natura e
conseguenze – del Front national di Jean Marie Le Pen e della lista Pym
Fortuyn. Eventi clamorosi (quello olandese addirittura tragico per
l’assassinio di Fortuyn) che proprio nella loro diversità testimoniano
quanto grave e sottovalutato sia stato il problema dell’immigrazione
incontrollata. “E’ ipocrita chi sostiene che immigrati clandestini e
regolari siano la stessa cosa - ha detto Aznar – l’accoglienza è
limitata ed è inaccettabile che gli immigrati regolari debbano pagare
per la situazione dei clandestini”. I leader europei dovranno dunque
trovare un compromesso oltre le convenienze commerciali dei singoli
Stati e lanciare all’opinione pubblica continentale un segnale che sia
allo stesso tempo di apertura verso un’immigrazione sostenibile e di
rigore verso coloro chi, fin dal momento in cui mettono piede sulle
nostre terre, vivono in una condizione di illegalità. La politica può
evitare che il complesso rapporto tra cittadini europei e immigrati
scivoli sul crinale dell’intolleranza reciproca.
Meno coinvolgente ma ugualmente rilevante è la discussione
sull’allargamento ai paesi dell’Europa centro-orientale. Fra poco meno
di due anni dieci nuovi Stati entreranno a far parte dell’Unione
Europea, completando un percorso avviato dodici anni fa con la caduta
del Muro di Berlino e il crollo dei regimi comunisti. A Siviglia i
Quindici valuteranno i progressi che i paesi candidati hanno compiuto
nei sei mesi di presidenza spagnola e ci si augura che supereranno le
resistenze che alcuni membri (sempre la Francia, assieme a Belgio e
Olanda) stanno oggi frapponendo in materia di sussidi agricoli. Si
dibatteranno anche alcune proposte di riforma istituzionale che saranno
necessarie per governare un’Europa più vasta. L’allargamento a 25 Stati
è ormai un percorso inevitabile: i Quindici non possono più attardarsi
su posizioni di retroguardia ma devono essere consapevoli di vivere la
vigilia di un nuovo passo in avanti nella costruzione di un’Europa
davvero unita. Dall’ingresso dei nuovi partner, nazioni come l’Italia
devono saper cogliere tutte le opportunità che i nuovi mercati ci
offrono. Per il Mezzogiorno il discorso è più complesso perché legato
alla perdita di risorse che saranno necessariamente destinate alle nuove
zone. Ma questa perdita può essere in parte bilanciata dal recupero
dell’area centro-orientale del Continente che offre alle regioni
adriatiche (e alla Puglia in particolare) una sponda commerciale di
grande interesse. Semmai proprio il nostro paese dovrà farsi carico
della seconda fase dell’allargamento, quello verso i Balcani (con
Romania e Bulgaria che non riusciranno ad entrare nel primo gruppo).
Questi paesi sono essenziali per la crescita dell’economia del nostro
Mezzogiorno, sono i vicini ritrovati con i quali riallacciare rapporti e
contatti di natura economica, commerciale e culturale.
Insomma, il fine settimana spagnolo ci offre un vertice decisivo, del
quale non è ancora stato scritto l’esito. Saranno giorni di intenso
lavoro diplomatico, di scontri e contrapposizioni, di compromessi che ci
auguriamo non intacchino l’efficacia delle soluzioni. L’Europa ha
bisogno di decisioni importanti anche per recuperare quel ruolo
geopolitico che sembra aver perso dallo scorso 11 settembre. Non è un
mistero che nel nuovo, incerto equilibrio mondiale, l’Europa perda ruolo
e importanza rispetto al ritorno della Russia e alla crescita dell’area
asiatica, Cina soprattutto. La consapevolezza di questa delicata partita
globale deve rendere consapevoli i leader dei Quindici che non si può
più tergiversare. L’Europa ha scoperto di avere un motore nuovo,
rappresentato da quell’asse latino, Spagna e Italia, capace di dare idee
innovative e concrete per la Casa comune europea. Il semestre di
presidenza spagnola è stato molto positivo. Il successo del vertice di
Siviglia ne deve essere la logica conclusione.
(d.m.)
21 giugno 2002
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