La Santa Alleanza atlantica
di Furio Gubetti
Ideazione ha avuto il merito di aprire un approfondito dibattito sul
futuro della Nato. Un dibattito la cui necessità viene confermata dalla
mia esperienza di membro dell'Assemblea parlamentare dell'Alleanza
atlantica. Da questo osservatorio è infatti possibile cogliere gli
umori, i timori, le idiosincrasie di oltre trecento delegati che
rappresentano tutti i Parlamenti dei paesi che aderiscono alla Nato,
nonché degli osservatori dei Paesi dell'Est Europa, Russia compresa, che
hanno diritto di parola e di proposta, naturalmente non di voto. Chi ha
potuto osservare la determinazione e l'ansiosa passione dei delegati dei
paesi baltici nel perorare la causa dell'immediato ingresso dei loro
Stati nell'Alleanza atlantica, non può più avere dubbi sulla vitalità
della Nato. Osservando le reazioni dei delegati russi, non sembra del
resto che la loro ostilità all'allargamento a Est della Nato derivi da
timori di "accerchiamento". Dai virulenti e coloriti interventi
anti-Nato di Zirinovskij, che nella delegazione russa rappresenta la
minoranza rumorosa, ma anche da alcuni ambigui silenzi della
maggioranza, la perdurante diffidenza nei confronti dell'Alleanza appare
piuttosto generata da nostalgie imperiali e desideri di rivalsa, da un
rifiuto emotivo di accettare come definitivo il ridimensionamento della
potenza e dell'importanza del proprio paese sullo scacchiere
geo-politico internazionale.
Putin, lucido e razionale come appare, contrastando questi umori ancora
largamente presenti nell'opinione pubblica russa, ha manifestato la
volontà di associarsi alla Nato, apprezzando correttamente i vantaggi di
questa scelta per gli interessi nazionali della Russia. Prescindendo dal
fatto che questo ingresso sia per noi desiderabile o meno - secondo
Kissinger significherebbe essere oggi coinvolti in problemi come la
Cecenia e domani, forse, come il contenimento della pressione
demografica cinese sulla Siberia - non vi sarebbe comunque alcuna
incompatibilità con l'allargamento dell'Alleanza agli altri paesi
dell'Est. Infatti uno dei meriti storici principali della Nato, oltre a
quello di avere contenuta e infine totalmente eliminata, senza sparare
un colpo, la minaccia sovietica alla libertà dell'Europa, consiste
proprio nell'aver mantenuto stabilità e pace fra gli alleati. Durante la
crisi di Cipro, senza la comune appartenenza alla Nato, Grecia e Turchia
difficilmente avrebbero evitato la guerra. La scomparsa dell'Urss non ha
messo in crisi questo aspetto di tutela della stabilità e della
sicurezza collettiva degli alleati, anzi ha finito per allargarlo anche
ai Paesi confinanti, come è accaduto con gli interventi nell'area
balcanica. Un allargamento della Nato anche alla Russia finirebbe,
perciò, per tranquillizzare i timori sia dei russi, sia dei loro vicini.
Questo è il parere anche di Gorbaciov che ha recentemente affermato:
"L'avvicinamento della Russia alla Nato riduce, in primo luogo,
l'impatto negativo che produrrà l'allargamento della Nato ormai in corso
e che, a novembre, vedrà probabilmente l'ingresso di nuovi paesi
dell'Est, comprese le tre repubbliche baltiche. Una formidabile
accelerazione a questo processo lo ha recentemente dato il premier
italiano Silvio Berlusconi che, facendo leva sul meccanismo della
"profezia che si autoavvera" ha dato per scontato il successo della
trattativa fra Nato e Russia per il nuovo, storico, accordo del 28
maggio 2002.
Infine, cadute le illusioni di una "fine della storia", la nuova
minaccia contro l'Occidente - apparsa nella forma del terrorismo
islamista - era stata prevista già nel 1995, nonostante le successive,
diplomatiche smentite, dall'allora segretario generale della Nato, Willy
Claes. Ovviamente, la nuova linea del fronte non passa certo fra la Nato
e l'Islam, ma taglia trasversalmente al loro interno molti Paesi di
cultura e religione islamica. Si tratta di una situazione per molti
versi simile, ma speculare, a quella precedente, quando la minaccia
sovietica, grazie ai partiti comunisti occidentali, portava la linea di
conflitto anche all'interno dei paesi dell'Alleanza. E' come se
all'estremismo ideologico si sia oggi sostituito un estremismo
religioso; ad un surrogato laico della fede religiosa un surrogato
pseudo-religioso dell'ideologismo politico. In Europa la stagione più
sanguinolenta del terrorismo è storicamente finita quando non vi sono
stati più Paesi disposti a fare da "santuario". Lo stesso accadrà per il
terrorismo che si ispira al fondamentalismo islamista. Questa è oggi la
scommessa americana, la base profonda della sua strategia. Di fronte ai
dubbi e ai tentennamenti di alcuni paesi europei, i delegati
statunitensi all'Assemblea hanno dichiarato, con grande chiarezza e con
minime diversità fra repubblicani e democratici, che quando gli
interessi vitali degli Usa sono minacciati l'America è pronta ad
intervenire anche da sola: nulla può e deve intralciare l'efficacia
della risposta, nemmeno la prudenza degli alleati. E questa è stata la
causa dell' "emarginazione" della Nato dalle operazioni in Afghanistan.
Gli americani possono essere tentati dall'idea - che credo errata - di
poter sconfiggere la nuova minaccia terroristica da soli. Gli europei
non devono però illudersi di poterla contenere con le sole arti della
diplomazia. Solo se entrambi i due poli dell'Alleanza - gli Usa e
l'Europa - capiranno che per vincere la nuova minaccia hanno bisogno -
come è già accaduto per quella sovietica - gli uni degli altri,
l'Alleanza atlantica, una delle più longeve e di successo nella storia
del mondo, vivrà ancora a lungo.
7 giugno 2002
(da ideazione 3-2002, maggio-giugno)
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