Elezioni olandesi, il ritorno della politica
La tranquilla e tollerante Olanda sembra in questi giorni la bella
addormentata che, svegliata bruscamente da un lungo sonno, invece di
trovarsi davanti agli occhi il sorriso radioso del Principe azzurro,
abbia posato lo sguardo su un qualche scempio intollerabile.
Improvvisamente il pacioso paese dei tulipani, delle biciclette, della
marijuana libera, dei matrimoni gay, delle prostitute in vetrina,
riempie i titoli dei quotidiani di tutta Europa, per una presunta svolta
fascista e xenofoba. Le cose, naturalmente, non stanno esattamente così
e, anzi, nel caso olandese si possono riconoscere molti sintomi del
malessere che pervade l’Europa. E che i politici e i giornali non
possono più permettersi di liquidare sbrigativamente, ma devono capire,
interpretare e, se ci riescono, governare.
In Olanda il terremoto è stato determinato dall’irruzione di Pim Fortuyn
nel composto e misurato minuetto della politica delle coalizioni.
L’eccentrico professore di sociologia di Rotterdam, ex marxista, gay
ironico e orgoglioso, uomo di grande cultura e di gusti raffinati, tutto
il contrario dello stereotipo macho e un po’ becero di stampo lepenista,
diventa il profeta del “politically incorrect”. Rompe tutti i tabù, come
dicono gli olandesi “chiama le cose con il loro nome”, parla di
“un’Olanda piena”, di chiudere le frontiere agli immigrati, descrive la
civiltà musulmana come “arretrata”, arriva persino a mettere in
discussione il primo emendamento, quello contro la discriminazione. E
mentre l’establishment si irrigidisce e cerca di difendersi da questo
ciclone bollandolo come razzista, la folla si innamora: “diceva le cose
che tutti pensiamo e che nessuno aveva il coraggio di dire”, dicono
candidamente gli olandesi e, stupore, anche molti immigrati. Alle
elezioni amministrative di Rotterdam dello scorso marzo la Lista Pim
Fortuyn, creata solo un mese prima, raccoglie il 35% dei voti.
Quando il 6 maggio, nove giorni prima delle elezioni politiche, il
leader della destra viene assassinato da un fondamentalista animalista,
il paese si ribella e, per la prima volta, fa sentire la sua voce.
Sconvolti da un episodio violento che non ha precedenti nella storia
olandese, i Paesi Bassi si interrogano, si guardano dentro e si scoprono
vittime proprio di quella tolleranza che li ha resi famosi in tutto il
mondo. La criminalità ha raggiunto livelli mai visti in questo piccolo
paese felice, le punizioni per chi delinque sono troppo leggere, i
cittadini non si sentono tutelati né compresi dai loro politici. E forte
è anche la paura dell’Islam, una civiltà coriacea, aggressiva, poco
incline ad amalgamarsi e poco tollerante nei confronti delle diversità.
Gli olandesi sentono in pericolo i diritti delle donne, degli
omosessuali, la loro libertà. E’ il paradosso dei tolleranti che
diventano intolleranti per salvaguardare la loro tolleranza.
Il 15 maggio si compie il terremoto annunciato. Dalle urne che
registrano un’affluenza record, esce un’Olanda capovolta: il partito
socialdemocratico del premier Wim Kok, già indebolito dallo scandalo di
Srebrenica e finito dall’episodio Fortuyn, dimezza i suoi seggi, la
democrazia cristiana raddoppia i suoi e il partito del leader scomparso
diventa il secondo del paese, nonostante nessuno abbia la minima idea di
chi siano i candidati della lista. Ora si aprirà un lungo periodo di
trattative per la formazione del governo, ma sembra che la democrazia
cristiana del quarantaseienne Jan Peter Balkenende non potrà fare a meno
di inserire nella coalizione il l’incognita della lista Pim Fortuyn,
perché significherebbe tradire la chiara volontà di una cittadinanza
risvegliata. Quanta Europa c’è nel piccolo paese dei tulipani. (ba.
men.)
24 maggio 2002
bamennitti@hotmail.com
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