Cattivi pensieri. In nome del pm sovrano
di Vittorio Mathieu


Bertrand Russell divenne celebre inventando un grazioso rompicapo. Distinguiamo, nella teoria degli insiemi, insiemi che “non comprendono se stessi tra i propri elementi” (l’insieme degli uomini, ad es. non è un uomo) da “insiemi che comprendono in sé se stessi come un proprio elemento” (l’insieme dei concetti astratti è un concetto astratto). E domandiamoci: l’insieme di “tutti gli insiemi che NON comprendono sé tra i propri elementi” comprende sé tra i propri elementi? No di certo: per definizione. Ma allora esso non farebbe parte dell’insieme di “TUTTI gli insiemi che non comprendono sé come proprio elemento”. E questo è di nuovo impensabile, per definizione. Il ragionamento rivelò in Russell, oltre che un uomo di spirito, uno dei massimi logici del Novecento e gli permise di demolire la teoria della matematica di Gottlob Frege. Più arduo, per contro, è capire perché questa “performance” lo qualificasse a fondare un tribunale sui crimini contro l’umanità, che portava il suo nome. Oggi questi tribunali pullulano dappertutto, ma in nome di chi?

Quando un giudice sentenziava in nome di un re per diritto divino, purché il re avesse la forza di farne eseguire le sentenze, tutto andava liscio (a parte la giustizia). L’efficacia di fatto rimediava all’oscurità di quelle origini per diritto divino. Ma ora che, in luogo di Dio, si è collocata l’umanità, questa non può più giudicare delle offese che riceve, perché nessuno è giudice in materia propria. A giudicare i crimini contro l’umanità si sentono autorizzati perciò tutti i singoli uomini. Ciò porta a una certa confusione di competenze, e allora si cerca un rimedio. Vi sono riconoscimenti estremamente autorevoli, ad esempio i premi Nobel, che fanno di alcuni singoli un’eccezione. Li pongono, per dir così, al di sopra dell’umanità, sicché costoro risulteranno autorizzati a valutare le offese contro l’umanità. Qualcosa di analogo lo può fare l’Onu, individuando giudici super partes per i crimini contro l’umanità.

Va da sé che, più dei giudici, contano gli accusatori. Tutti conosciamo i nomi di Garzon o della Dal Ponte, ma voglio vedere chi sarebbe in grado di dire a bruciapelo i nomi dei giudici delle rispettive corti. Dopo di che, a valle, c’è un altro problema: far eseguire le sentenze. Oggi l’Onu stessa pronunzia sentenze, ma queste rimangono sulla carta fin quando qualcuno non le esegua per lei. Qualcuno abbastanza forte da condurre una guerra, eventualmente non priva a sua volta di qualche crimine contro l’umanità. Ora a Roma è stato istituito un Tribunale internazionale penale contro atrocità e genocidi. Emma Bonino lo ha dichiarato “importante quanto l’Onu”. Speriamo non volesse dire che in entrambi i casi la loro importanza è nulla.

25 aprile 2002

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