Chirac, ovvero la vittoria dimezzata
di Alessandro Bezzi


Da come Jaques Chirac affronterà Jean Marie Le Pen nei giorni del ballottaggio dipenderà il futuro politico della Francia. Non è facile, per il presidente uscente, affrontare un candidato così anomalo e imprevisto, anche perché con l’appoggio della ex gioiosa macchina da guerra della “gauche plurielle” i sondaggi gli accreditano una vittoria schiacciante, attorno al 70 per cento dei consensi. Chirac, dunque, ha tutto da perdere. Perché vincerà, è sicuro che vincerà, ma come e quanto dipenderà, appunto, da come saprà sfidare il suo avversario. Dopo il secondo turno presidenziale sarà la volta delle elezioni legislative, dove il sistema elettorale rischia di restituire ossigeno a una sinistra sbandata, punendo la destra moderata, troppo frammentata all’interno e incalzata dal Fronte nazionale all’esterno.

La prima mossa di Chirac è stata quella di gridare all’emergenza nazionale contro il pericolo fascista e xenofobo incarnato da Le Pen. Non tanto con l’obiettivo di incassare i voti della sinistra quanto di rinsaldare le fila della propria compagine, frantumata in mille rivoli. D’altronde solo la clamorosa bocciatura di Jospin ha offuscato l’altrettanto scadente risultato di Chirac, che non ha superato la soglia del 20 per cento. Il leader neogollista non è uscito molto bene da cinque anni di coabitazione con Jospin, una coabitazione che è apparsa ai francesi quasi una consociazione, nella quale le proposte politiche di destra e sinistra si sono annacquate e i due esponenti sono apparsi quasi intercambiabili. Tra i tanti motivi che spiegano il successo di Le Pen, c’è anche quello di una reazione anticonsociativa, tipo quella che in Austria premiò Haider.

Chirac avrebbe dunque bisogno di un colpo d’ala. Dovrebbe riprendere in mano il bandolo della politica, diventare il protagonista di un qualche programma innovatore, scrollarsi di dosso l’immagine un po’ stantia di padre nobile dello status quo e, soprattutto, evitare di vivere la campagna del ballottaggio solo di riflesso. Le Pen è al centro dell’attenzione e Chirac rischia di giocare di rimessa per quindici giorni. I primi passi non sono incoraggianti: il rifiuto del dibattito televisivo, la grande ammucchiata antifascista contro il mostro, il cordone sanitario attorno al leader xenofobo. Tutti segnali che perpetuano l’impressione di uno Chirac incapace di uscire dal solco profondo di una politica mediocre. E’ anche qui la crisi della Francia, nei suoi leader tradizionali spompati e nei suoi partiti consumati, nel suo ruolo geopolitico sempre più marginale rispetto a un’Europa che viaggia verso Est. Forse solo un cambio generazionale potrà aiutare la Francia ad uscire dal tunnel.

25 aprile 2002

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