Mappa del terrore palestinese
di Rodolfo Bastianelli
L'esplosione della nuova Intifada ha fatto emergere il gran numero di
gruppi fondamentalisti islamici attivi nei territori palestinesi.
Contrari a qualsiasi dialogo con Israele ma fortemente critici anche con
la leadership di Yasser Arafat, accusato di metodi autoritari e di
essere incapace di eliminare la corruzione che regna all'interno
dell'Autorità Nazionale Palestinese, questi gruppi sono i responsabili
degli attentati compiuti in questi ultimi mesi nelle città israeliane.
HAMAS: guidato dallo sceicco Yassin, questo movimento integralista nato
negli anni Ottanta si compone di una struttura militare e di una
politica; quest'ultima gestisce scuole, centri di assistenza medica ed
organizzazioni previdenziali fornendo così alla popolazione un gran
numero di servizi sociali che l'ANP non riesce a garantire. Contrario
agli accordi di pace con Israele, Hamas contesta anche la leadership di
Arafat e punta apertamente al suo rovesciamento. I maggiori contribuenti
del movimento, che secondo stime raccoglie ogni anni dai 30 ai 50
miliardi di lire di donazioni, sono i paesi arabi del Golfo Persico e
l'Iran. Le azioni terroristiche sono compiute invece dalla sua ala
militare, le "Brigate Ezzedine Al - Kassam" , i cui leaders sono
Mohammed Deif e Salah Shahada.
JIHAD ISLAMICA: Finanziato e sostenuto dal regime di Teheran, questo
gruppo dispone di un proprio braccio armato, i "Guerriglieri di Al-Qods",
responsabili di alcune delle più sanguinose azioni terroristiche suicide
effettuate dallo scoppio dell'Intifada.
BRIGATE "AL-AQSA": Legate ad "Al-Fatah", le Brigate di Al-Aqsa hanno
portato a termine diversi attentanti contro obiettivi civili e militari
israeliani spesso compiuti con la collaborazione di Hamas. Il movimento
è considerato da Israele il braccio armato di "Al-Fatah", anche se
Arafat ha sempre respinto questa affermazione sostenendo come il gruppo
sia composto da cellule che agiscono in modo autonomo e indipendente
rispetto alla sua formazione. Sul piano politico la struttura appare
divisa in tre diverse fazioni: una, attestata su posizioni moderate e
guidata da Abu Mazen, è favorevole allo scioglimento delle Brigate
proprio per evitare che le loro azioni terroristiche danneggino la
leadership di Arafat, un'altra invece, che ha tra i suoi esponenti di
punta Marwan Barghouti, sostiene la loro autonomia senza però voler
rompere i legami con "Al-Fatah" e la dirigenza palestinese ed infine una
terza che sostiene la piena libertà d'azione delle Brigate ed è
contraria ad ogni apertura verso Israele. Secondo indiscrezioni, gli
effettivi del gruppo non sarebbero più di 100 o 200, ma godrebbero di un
forte sostegno popolare all'interno dei territori.
15 marzo 2002
rodolfobastianelli@tiscalinet.it
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