Cattivi pensieri. La legge del più forte
di Vittorio Mathieu

Son passati pochi mesi di una guerra prevista in sei anni, e già è in atto il pacifismo. Nei decenni scorsi il pacifismo predicava l’equidistanza dagli opposti estremismi. Oggi la predica dagli opposti terrorismi, islamico e americano. Il pacifismo è a sua volta la convergenza di opposti buonismi: quello dei poteri forti e quello dei duri e puri. Questi ultimi respingono con sdegno ogni ipotesi di collusione con i poteri forti, ma ai poteri forti non dispiace affatto mostrarsi solidali e comprensivi verso gli emarginati, anche se, a volte, la loro difesa da parte dei duri e puri cade in qualche eccesso: questo non contamina chi è politicamente corretto.

Ora nella base di Gauntanamo cominciano ad arrivare i primi prigionieri, e il New York Times già si preoccupa del fatto che siano tenuti in gabbia: non perché approvi l’estremismo islamico, Dio ne scampi, ma perché dobbiamo guardarci dal “cadere al loro livello”. A sua volta la Gran Bretagna sente il dovere di difendere i diritti civili dei suoi cittadini corsi a battersi dall’altra parte. E’ un classico della diplomazia; ma oggi richiederebbe, anzitutto, un esame di coscienza sul modo in cui la cittadinanza è concessa. Quando musulmani naturalizzati inglesi volevano unirsi alle truppe di bin Laden, il governo cercò di impedirglielo: non sarebbe stato più saggio far loro ponti d’oro, e liberarsi della serpe in seno? A quanto pare, si temeva che, unendosi ai talebani, le forze dei transfughi potessero rovesciare le sorti della guerra.

Bin Laden ha rivendicato per sé il merito di essere un controterrorista, terroristi primitivi - benché mascherati - essendo gli americani. Il New York Times non condivide certo questo paradosso; ma obietta che, anche se il terrorismo originario è islamico, il controterrorismo è anch’esso terroristico, e “non si deve scendere al loro livello”.

Purtroppo, quando si scende in guerra, si scende. Si scende al livello dell’avversario perché, restandone al di sopra, non si riuscirebbe a colpirlo. Nessuno, in Occidente, vuole la guerra contro l’Islam, o contro il Terzo Mondo, o contro gli emarginati, perché, anche vincendola, non si ha nulla da guadagnare. Ma per volere la pace occorre essere in due, e il presidente Bush, proclamando la guerra (non dichiarandola, perché le poste avrebbero rimandato la busta al mittente con il bollo “destinatario sconosciuto”), ha avuto il merito di dir chiaro che, alla pace, era palese ormai che la controparte non ci stava. La grande stampa (grande perché democratica, cioè non repubblicana) ora se ne duole. Però Bush, dopo aver avuto la presidenza come le donne ebbero l’anima razionale al Concilio di Macon (V secolo) per un solo voto di maggioranza (così almeno dice Anatole France), ora ha l’approvazione dell’80 per cento degli americani. A volte, “l’uomo della strada è più intelligente di Voltaire”.

25 gennaio 2002

vmathieu@ideazione.com



 

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