Kashmir, il conflitto all’ombra dell’atomica
di Rodolfo Bastianelli
E' un conflitto che si trascina da 55 anni, forse il più lungo tra
quelli contemporanei. Quello del Kashmir è un problema che infatti
avvelena i rapporti tra l'India e il Pakistan da oltre mezzo secolo e
che mette tuttora a rischio gli equilibri in Asia centrale. La disputa
sul possesso di questa montagnosa ed impervia regione nasce con la fine
della colonizzazione britannica. Al momento dell'indipendenza, era
previsto che i diversi stati principeschi inseriti all'interno del
territorio indiano scegliessero se aderire all'India o al Pakistan, a
seconda se la maggioranza della loro popolazione era indù o musulmana.
Uno di questi era il Kashmir, governato dal sovrano indù Hari Singh ma
abitato prevalentemente da musulmani. Quando nelle zone settentrionali
della regione scoppiarono dei disordini e le truppe pakistane
intervennero a difesa della popolazione musulmana, Hari Singh,
preoccupato della propria incolumità, chiese l'aiuto del governo di
Delhi che però pose al sovrano come condizione la sottoscrizione dell'
Instrument of Accession che annetteva ufficialmente il Kashmir
all'India. Ed è da qui che parte il contenzioso tra i due paesi.
Secondo il Pakistan, infatti, l'ingresso delle truppe indiane nella
regione sarebbe avvenuto prima della firma del patto di unione con
l'India, che quindi avrebbe invaso uno stato ancora formalmente
autonomo. Una tesi che, ovviamente, il governo di Delhi ha sempre
respinto. Successivamente le due risoluzioni adottate dalle Nazioni
Unite nel 1948 e nel 1949 imposero alle due parti di ritirarsi sulle
posizioni che occupavano nel 1947, stabilendo inoltre tra di esse una
linea di demarcazione, la "Line of Control", che tuttora costituisce il
confine di fatto tra i due paesi, anche se il Pakistan non l'ha mai
riconosciuto in modo ufficiale. Da allora la maggior parte della regione
del Kashmir fa parte dello stato indiano del Jammu e Kashmir, una zona
più piccola appartiene al Pakistan (Azad Kashmir) ed un'altra ancora,
l'Aksai Chin, è posta invece sotto il controllo cinese ed è costituita
dai territori ceduti dal governo pakistano come gesto di amicizia verso
Pechino negli anni Cinquanta e da quelli conquistati dalla Cina
all'India nel corso della guerra del 1962. In seguito il Pakistan ha
combattuto altri due conflitti uscendone però sempre sconfitto: il primo
del 1965 si concluse con un accordo che riconfermava quanto stabilito
dalle Risoluzioni delle Nazioni Unite mentre il secondo del 1971 ebbe
come conseguenza per Islamabad la perdita del Bangladesh - allora
Pakistan Orientale - che ottenne l'indipendenza proprio grazie
all'intervento delle forze armate indiane.
Da quel momento la tensione tra i due paesi è rimasta alta, ma non è più
sfociata in aperto conflitto, anche se nel corso degli anni si sono
sempre registrati degli scontri lungo la "Line of Control" tra reparti
militari indiani e pakistani. Per entrambi quindi il Kashmir rimane una
questione di primaria importanza. Se da un lato infatti il Pakistan
sostiene il diritto all'autodeterminazione per la popolazione musulmana
della regione, affermando inoltre come l'India si sia sempre rifiutata
di convocare il referendum previsto dagli accordi del 1948, il governo
di Delhi considera l'attività dei separatisti islamici nient'altro che
azioni terroristiche compiute su un territorio sottoposto alla sua
sovranità. contro le quali ha il diritto di usare ogni mezzo.
L'ultima crisi, che minaccia di far esplodere un altro conflitto, è
scoppiata lo scorso dicembre in seguito all'attacco compiuto da un
gruppo terrorista contro il Parlamento indiano. Secondo il governo di
Delhi l'attentato sarebbe stato infatti compiuto da due gruppi
fondamentalisti islamici, il "Lashkar-e-Taiba" ed il "Jaish-e-Muhammad",
sostenuti e finanziati dal Pakistan, che però ha sempre negato ogni
responsabilità sull'accaduto. L'eventualità di una guerra tra le due
potenze regionali è vista con grande preoccupazione dalla comunità
internazionale, che teme sia delle gravi ripercussioni sugli equilibri
politici dell'Asia centrale sia una destabilizzazione dell'Afghanistan
proprio nel momento in cui sta prendendo avvio la sua ricostruzione.
Tuttavia, secondo diversi osservatori il livello della tensione verrebbe
mantenuta alta essenzialmente per ragioni di politica interna. In India
il partito nazionalista indù del premier Vajpayee deve affrontare nei
prossimi mesi un importante test elettorale ed ha quindi tutto
l'interesse a presentarsi come il difensore degli interessi nazionali
indiani, così come il Presidente pakistano Musharraf deve dimostrare
alla popolazione tutta la sua fermezza nei riguardi del problema del
Kashmir dopo essersi schierato a fianco degli Stati Uniti durante il
conflitto in Afghanistan. La tensione per il momento sembra essere
diminuita. Il rischio comunque rimane, anche perché in una situazione
simile il più piccolo incidente potrebbe provocare un escalation
militare in grado di far precipitare i due paesi in un conflitto
nucleare.
25 gennaio 2002
rodolfobastianelli@tiscalinet.it
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