Unione Europea, a Laeken il vertice dell’ottimismo
di Pierluigi Mennitti

Strasburgo. L’Europa giunge al vertice di Laeken, il sobborgo di Bruxelles dove questo fine settimana si concluderà il semestre di presidenza belga, con una discreta dose di ottimismo. Non era scontato, dopo che le vicende internazionali degli ultimi mesi avevano messo un po’ in ombra il ruolo politico dell’Unione Europea evidenziandone ancora una volta limiti e debolezze nella formazione di una politica estera comune. I vertici a tre fra Germania, Francia e Gran Bretagna, la corsa in ordine sparso verso la coalizione antiterrorismo, la perdita di centralità rispetto alle aree geopolitiche maggiormente interessate dal conflitto sono state stazioni di una via crucis che, per alcune settimane, hanno fatto temere sulla solidità del progetto europeo. Non ultime le frizioni tra i quindici paesi membri, con la dissociazione esplicita dell’Italia (e quella nascosta della Francia) sul mandato di arresto europeo, avevano gettato ulteriori ombre.

Poi, di colpo, la situazione si è rasserenata. Sul versante giudiziario, il compromesso raggiunto fra Silvio Berlusconi e il primo ministro belga Guy Verhofstadt ha allentato la tensione su un aspetto, quello del mandato di arresto europeo, che sembrava diventato una questione di vita o di morte. L’accettazione da parte italiana dell’intera lista dei reati - in cambio della dilazione al 2004 dell’entrata in vigore a causa della modifica della Costituzione che si renderà necessaria - la dice lunga sull’effettiva compattezza dei quindici in materia. Non si sarebbe giunti all’accordo in meno di 48 ore se la distanza tra Italia e partner europei fosse stata quella che lamentava l’opposizione italiana.

Ma sono altre due le questioni che alimentano l’ottimismo ritrovato in Europa. La prossima partenza dell’euro, la moneta unica che dal primo gennaio i cittadini di dodici paesi cominceranno ad utilizzare nella vita di tutti i giorni. E il nuovo slancio che l’intera comunità ha voluto dare al processo di allargamento, l’ingresso entro il 2004 di alcuni paesi che facevano parte del blocco comunista durante la guerra fredda. Un obiettivo politico che darà concretezza ai sogni che appena dieci anni fa infiammarono l’Europa e che ha rischiato in molte occasioni di fallire. Ad accompagnare gli esami cui sono sottoposti i paesi candidati (saranno dieci i nuovi partners che accederanno all’Unione fra due anni) ci sarà il lavoro della Convenzione incaricata di ridisegnare l’architettura delle istituzioni continentali per adattarle al nuovo scenario di un’Europa a venticinque (e alla cui presidenza verrà eletto, salvo sorprese, l’ex presidente francese Valérie Giscard d’Estaing).

L’ottimismo non nasconde, tuttavia, i difficili nodi che il vertice dovrà sciogliere e che saranno oggetto di quegli interminabili compromessi cui le riunioni dei capi di stato e di governo ci hanno abituato. A vivacizzare il dibattito è intervenuto, alla vigilia, il presidente della Commissione Romano Prodi, in settimana duramente criticato dal parlamento europeo (riunito in sessione plenaria a Strasburgo) per l’attività della propria Commissione giudicata dai deputati insufficiente. Prodi, per ribattere, ha polemizzato il mercoledì con i governi nazionali, accusandoli di “incapacità a mostrarsi all’altezza dei propri compiti e ambizioni”. E si è augurato che a Laeken gli illustri partecipanti saranno in grado di tener fede agli impegni annunciati. Chissà se l’ottimismo degli ultimi giorni reggerà all’impatto con il vertice.

14 dicembre 2001

pmennitti@hotmail.com




 

stampa l'articolo