Gore Vidal e il paradosso della democrazia
di Eugenia Roccella


L'America sta rinunciando, nell'ansia di difendersi dal terrorismo, al suo culto delle libertà? Sta per rinascere, sotto nuove forme, il maccartismo? Erano queste le domande al centro del dibattito condotto da Lerner e Ferrara su “La 7” mercoledì 21, intorno a un saggio di Gore Vidal, che l'editore statunitense si è rifiutato di pubblicare. Gli ospiti erano divisi. Da una parte chi, come Maria Giovanna Maglie e Paolo Guzzanti, difendeva il patriottismo americano e la libera scelta di un editore di non rischiare i suoi soldi su un testo che avrebbe offeso i lettori; dall'altra, chi sosteneva, con argomenti classici, che la democrazia resta tale se non ha paura della diversità e del conflitto di opinioni.

Non posso commentare lo scritto di Vidal, che non ho letto ma immagino provocatorio e sofisticato come è in genere la sua produzione. Il dibattito mi ha riportato alla mente, invece, un vecchio videogioco, “Civilization”, in cui si decide come far evolvere la propria civiltà, se verso la democrazia oppure no. Chi lo fa ha più capacità tecnologica, più armi, più denaro; ma chi sceglie regimi totalitari ha altri vantaggi (può mandare i propri uomini al macello, compiere azioni efferate, disporre di armi chimiche e di ramificate reti di spie), perché non deve rispondere al controllo dell'opinione pubblica. E' noto che la guerra del Vietnam è stata persa, prima che sul territorio, all'interno degli stessi Stati Uniti, e che chi è cresciuto in un paese democratico ha sviluppato una sensibilità ai diritti umani che tollera male gli scempi e gli orrori dei conflitti armati. L'opinione pubblica sembra dunque costituire il cuore fragile e pietoso della democrazia, consentendo a chi le è nemico di sfruttare le pieghe e le strutturali aperture del sistema. Ma la democrazia non è soltanto un insieme di regole e garanzie, è anche un corpo vivo, in grado di ricorrere alle proprie difese immunitarie, e di generare anticorpi naturali. Il paradosso democratico consiste esattamente in questo, nella capacità di un'opinione pubblica vitale di tirare fuori, quando è minacciata, le unghie e i denti, di trovare risorse insospettate al proprio interno.

Che gli Usa rifiutino oggi i dubbi e le critiche, che lo facciano proprio attraverso quelli che ai suoi nemici appaiono come "lati deboli", cioè opinione pubblica e mercato, mi sembra una testimonianza della ricchezza e della forza della democrazia americana. Finché non ci sono di mezzo leggi e istituzioni, finché c'è soltanto un editore consapevole che oggi con quel libro non ci farebbe una lira, il caso mi sembra una normale espressione di libertà. Libertà di rifiutare, di non comprare, di boicottare: strategia nonviolenta di un consumatore selettivo e attento, molto più che censura ideologica.

23 novembre 2001





 
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