| Punto militare. Talebani: ritirata o 
              disfatta? 
 Mazar-e-Sharif, Jalalabad, Herat, Kabul, Kandahar. Le truppe 
              talebane fuggono dalle città e dalle basi militari che soltanto 
              una settimana fa sembravano espugnabili solo al prezzo di un 
              disastroso bagno di sangue. E la ritirata - strategica o non - 
              prosegue ad un ritmo che nessun analista militare e nessun leader 
              occidentale avevano neppure osato auspicare. Sacche di resistenza 
              fedeli al mullah Omar si oppongono ancora all'avanzata 
              dell'Alleanza del Nord, perfino nella città settentrionale di 
              Konduz, dove guerriglieri ceceni e fondamentalisti pakistani 
              combattono al fianco di terroristi di al Qaeda e talebani. Ma si 
              tratta di formazioni isolate, ormai allo stremo, nella più 
              assoluta impossibilità di ricevere sostegno o rifornimento.
              Si tratta di una disfatta addirittura difficile da 
              comprendere nelle sue proporzioni, malgrado la straordinaria 
              pressione esercitata “dall’aria” dalla coalizione anti-terrorismo 
              guidata dagli Stati Uniti. Il Pentagono, per esempio, propende per 
              l’ipotesi del “regrouping” e si prepara per un lungo inverno di 
              guerriglia. Ma la battaglia più importante è stata vinta. E senza 
              l’utilizzo – da molti considerato inevitabile – di truppe di terra 
              occidentali.
  
              
              Il passo successivo, adesso, dovrebbe essere quello della “caccia” 
              a Osama bin Laden e al mullah Omar. Sempre che i due “leader” del 
              terrorismo e del fondammentalismo islamico abbiano il coraggio di 
              restare al fianco dei loro uomini invece che fuggire in uno dei 
              paesi confinanti dell’Afghanistan in cerca di protezione ed 
              ospitalità. Nel frattempo, possiamo aspettarci un uso massiccio di 
              “forze speciali” da parte degli Alleati, teso ad individuare con 
              la maggiore esattezza possibile i luoghi (caverne, colline, 
              montagne) dove i talebani stanno cercando di nascondere le forze 
              rimaste a loro fedeli. Un compito, questo, che diventerà molto più 
              semplice quando la popolazione locale deciderà di collaborare.
               
                
              
              Anche questa volta, insomma, la diplomazia è stata superata in 
              corsa dall’opzione militare. Dopo più di un mese in cui un coro di 
              petulanti Cassandre della politica e dell’informazione aveva 
              paventato Vietnam del Terzo Millennio ed una serie di tragiche 
              reazioni a catena in tutto il mondo islamico. Almeno fino ad ora, 
              invece, l’Islam moderato è stato insolitamente compatto a fianco 
              dell’Occidente e, a parte qualche isolatissima eccezione, la 
              liberazione dell’Afghanistan è avvenuta all’insegna di una rara 
              “pulizia” ed efficacia. La guerra non è 
              ancora finita, naturalmente. Anche perché, per debellare la piaga 
              del terrorismo internazionale, non sarà sufficiente ripulire il 
              sud dell’Afghanistan e sbarazzarsi di bin Laden.
              E ci sono altre parti del mondo con cui, 
              prima o poi, sarà necessario fare i conti. 
              Meglio iniziare a farci l'abitudine.
               
              
              
              (a.man.)  
              
              16 novembre 2001  
              
              
 
 
 |