Punto diplomatico. Il ruolo dell’Italia tra Sharon e Arafat

“Sono qui a Roma perché sono convinto che in questo momento l’Italia è nelle condizioni di giocare un ruolo importantissimo, sia per la pace in Medio Oriente, sia per salvaguardare i diritti dei palestinesi”. Così Yasser Arafat, presidente dell’Autorità nazionale palestinese, nell’intervista esclusiva concessa a Paolo Guzzanti poche ore prima di immergersi nel suo tour politico romano. Il Papa, Ciampi, Berlusconi e Ruggiero: tappe obbligate di una visita, che ha assunto un più forte rilievo perché inserita nel ruolo centrale che l’Italia sta assumendo nella composizione diplomatica del conflitto israeliano-palestinese.

Roma dunque prova a rilanciare la propria politica estera individuando uno scenario geopolitico (il Medio Oriente) e una questione complessa (l’intangibilità di Israele e la creazione di un autonomo stato palestinese) per giocare le sue carte migliori nel rimescolamento del quadro internazionale. E le carte migliori che Berlusconi può giocare sono diplomatiche ed economiche, non militari. Il governo italiano è al lavoro da tempo su questo scenario. Già dalla scorsa estate aveva inserito in testa all’agenda dei ministri degli Esteri del G8 il rilancio della pace in Palestina, ipotizzando l’invio di osservatori neutrali nei territori occupati, una proposta bocciata dal governo israeliano. Ma poi ha raddoppiato, annunciando l’ipotesi di un piano Marshall per la Palestina, una volta che siano stati raggiunti gli obiettivi politici reciproci di intangibilità delle frontiere per Israele e di uno stato autonomo per la Palestina. Ma tutte queste iniziative sarebbero rimaste sulla carta delle buone intenzioni se l’Italia non si fosse inserita nella scia dell’Amministrazione Bush, che al momento privilegia la strategia disegnata da Colin Powell per il Medio Oriente. Finché la linea prevalente a Washington sarà quella di Powell, l’Italia potrà far valere la propria linea diplomatica con qualche possibilità di successo.

Roma può gettare sul tavolo gli ottimi rapporti con entrambe le parti. A Israele è legata da antica amicizia rinsaldata dalla leale simpatia che lega il nuovo governo italiano ai politici di Tel Aviv. Con Arafat l’Italia ha intessuto a suo tempo rapporti diplomatici che possono essere rigiocati oggi nel quadro di una iniziativa internazionale. La visita romana del leader palestinese si è svolta con successo proprio in questa ottica. Ancora più forte è stato il rifiuto di Arafat del terrorismo e delle strumentalizzazioni di bin Laden della causa palestinese. E netta è stata la dichiarazione a favore della sicurezza dello stato d’Israele: “Sharon è il primo ministro eletto dal popolo israeliano – ha concluso Arafat – e noi siamo disposti, in qualsiasi momento, a riprendere con lui le trattative per la pace”. Un passo in avanti che si lega a quelli che, proprio in queste ore, la stessa Israele sta compiendo, ritirando i propri militari da alcune zone occupate. Rispetto al punto più nero della crisi di qualche giorno fa, la tensione sembra allentarsi e il vertice di Maiorca di questa settimana tra Peres e Arafat può dar vita ad altri progressi. Anche perché il leader palestinese, non amatissimo dalla sua stessa gente, gioca una partita personale che potrebbe essere anche l’ultima.

1 novembre 2001





 
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