Cattivi pensieri. Guerra lunga
di Vittorio Mathieu


Non sono ancora passati due mesi e già si trova la guerra troppo lunga. Veramente Bush lo aveva detto: sarà una guerra lunga. Ma, forse, molti lo intesero nel senso che sarebbe durata più di sei giorni, non più di sei settimane. Eppure dovremmo essere abituati a calcolare: quando un governo annunzia un Blitzkrieg la guerra durerà sei anni. Alla Germania capitò due volte, nel 1914 e nel 1939, di affidare le speranze a una guerra breve. In Italia, nel 1940, qualche disfattista prevedeva una guerra lunga argomentando così: “Per vincere dovremo portar via tante cose agli inglesi che la guerra durerà cinque anni”. Il guaio fu che ci vollero cinque anni anche per perderla.

Insomma, rabbrividisco quando un governo annunzia una guerra breve. E’ come quando un oratore dichiara: “Sarò breve”, oppure: “Nel mio breve intervento…”. Una volta moderavo io e dissi: “Per carità sia lungo quanto vuole. Dica solo prima quanto tempo le occorre: per esempio quattro ore. Passate quattro ore le toglierò la parola”. Nessuno dirà che vuol parlare quattro ore. Dirà: “Venti minuti, o anche meno”; e, passati venti minuti, gli si potrà togliere la parola.

Oggi, forse, crediamo di avere imparato qualcosa dall’esperienza: visto che, quando un governo annunzia una guerra breve, la guerra è lunga, si conclude che quando il governo annunzia una guerra lunga, la guerra sia breve. Errore: non ci si può fidare. Sarebbe troppo bello, troppo facile se l’attitudine dei governi a ingannare fosse costante: può capitare che dicano le cose esattamente come stanno.

Qualcuno, forse, si aspettava una guerra breve considerando l’enorme disparità di forze: le portaerei e l’atomica contro qualche kalashnikov. Errore: l’esiguità dei mezzi rende quasi invincibili. Le mosche sono animali piccoli, inermi e facili da schiacciare, ma le guerre contro le mosche sono vinte quasi sempre da loro. La guerra contro i kamikaze sarà lunga perché i kamikaze sono pronti addirittura a schiacciarsi da sé. Forse sarà interminabile. Ma ciò non significa che si debba evitarla, a meno di preferire che il mondo sia dei kamikaze, dei terroristi, delle mosche; o, come prevedeva l’autore di un libro su “Avvenire e fine del mondo” (uscito tra le due guerre) delle formiche. Però non subito: tra molti e molti milioni di anni.

1 novembre 2001

vmathieu@ideazione.com





 

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