Punto diplomatico. Le mille facce del futuro Afghanistan

Riunita nella grande sala della Nishtar Hall di Peshawar, l’assemblea della cosiddetta Alleanza del Sud prova a far sentire la propria voce. E a ritagliarsi uno spazio nelle trattative sull’Afghanistan del dopo talebani. La guerra sul terreno non è ancora finita, anzi Washington e Londra annunciano che sarà più lunga del previsto e si dilaterà fin oltre il temutissimo inverno afgano. Ma tutti sono convinti che il potere talebano ha, se non i giorni, almeno i mesi contati. Dunque, attorno al futuro politico del paese si intessono alleanze, scontri, contrasti. Una rete di trame e rapporti difficilissimi da tenere assieme che la dice lunga sulla facilità di pacificare un paese.

L’Afghanistan resta diviso in numerose etnie e tribù che faticano (e non potrebbe essere diversamente) a trovare equilibri e accordi. Ognuna di queste tribù ha la sua bella sponsorizzazione esterna. Gli uomini riuniti a Peshawar sono dell’etnia pashtun, quella che ha sostenuto l’ascesa dei talebani. Ma oggi ne prendono le distanze. Guidati da Pir Gailani, ex capo mujaheddin di grande carisma, i pashtun dell’Alleanza del Sud vengono sponsorizzati dal Pakistan che ha chiesto agli Stati Uniti di non isolarli dal futuro del paese. Gailani, dal canto suo, ha chiesto agli Usa di far cessare i bombardamenti e ha ammonito sul fatto che ad avvantaggiarsi della nuova situazione possa essere il raggruppamento dell’Alleanza del Nord.

Da tempo schierata sul terreno militare, in combattimento contro i talebani, l’Alleanza del Nord è invece in maggioranza di etnia tagika: poi ci sono gli uzbeki e gli hazari. Dominata dai cosiddetti “giovani leoni”, gli ufficiali che erano al fianco di Massud, ha l’appoggio della Russia di Putin. Gli uomini dell’Alleanza del Nord attendono che i bombardamenti americani liberino la prima linea della difesa talebana e si dicono pronti ad avanzare verso Kabul. Hanno messo in cantiere da tempo una stretta alleanza con il re Zahir Shah in esilio a Roma e la spartizione del paese. Secondo fonti giornalistiche, il re avrebbe già messo su carta la sua proposta: un gabinetto composto 120 membri, 50 scelti da lui, 50 dall’Alleanza del Nord, il resto di etnia pashtun. Una proposta che gli uomini del Sud hanno già bocciato.

A tutto questo si aggiungono gruppi minori, ma spesso guidati da leader carismatici che vantano un lungo impegno nella resistenza anti sovietica degli anni Ottanta. A ovest opera un gruppo spalleggiato dall’Iran, a sud, nella zona di Jalalabad, ancora un leader pashtun come Abdul Qadir, a nord un uzbeko di ferro come Dostum: tutti combattono i talebani e cercano di ricavare dai rispettivi partner (Iran, Pakistan, Uzbekistan) una forza di pressione verso gli Stati Uniti. E sono tutti pezzi di un puzzle che la diplomazia anglo-americana dovrà far combaciare. (p. men)

26 ottobre 2001
 






 

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