Stati Uniti, un Napster per l’intelligence
di Giuseppe Mancini


In queste giornate di scenari globali e traballanti, di bombe, di commandos e d'untori, di riposizionamenti teorici, di riconcettualizzazioni frenetiche, Internet continua a catalizzare attenzioni e suggerire progetti. Da un lato, un'esigenza di sicurezza: neutralizzare le attività intrusive degli hackers e proteggere le infrastrutture informatiche da attacchi terroristici. Dall'altro, un'ambizione investigativa: stanare le minacce sovversive annusando le tracce elettroniche (tecniche di crittazione, steganografia, transazioni finanziarie) lasciate online e potenziare più generalmente le attività di raccolta dati ed analisi strategica.delle agenzie d'intelligence.

Ma, per migliorare la propria sicurezza telematica e raffinare la propria capacità investigativa, gli Stati Uniti stanno procedendo nella giusta direzione? Subito dopo l'11 settembre, il presidente Bush ha annunciato la creazione dell'Office of Homeland Security (Ohs), che si occuperà di antiterrorismo (interno), cyber-sicurezza e protezione delle infrastrutture sensibili. Richard Clarke è stato nominato Special Advisor for Cyberspace Security. Fin qui, nulla di nuovo. Perché Clarke, nella precedente amministrazione, già ricopriva un simile incarico, quello di National Coordinator for Security, Infrastructure Protection, and Counter-Terrorism. Rispetto all'idea clintoniana di National Infrastructure Protection Center, di organismo centralizzato ed iper-burocratico per la protezione di infrastrutture e reti elettroniche, non sembra si siano fatti molti passi in avanti, non sembra che le potenzialità positive di Internet possano essere adeguatamente sfruttate da un'iniziativa che nasce impantanata nel passato, negli errori e nella scarsa capacità previsionale del passato. Richard Clarke, infatti, è uno dei maggiori propugnatori del concetto stralunato di Pearl Harbor digitale, il mantra della lotta al terrorismo negli ultimissimi anni: il rischio, causa scarsa protezione del cyberspazio, di un attacco agli Stati Uniti hi-tech, via Internet. E, dalle prime dichirazioni, nonostante l'11 settembre, non sembra che abbia cambiato idea.

Le buone idee sono altrove. Il progetto Genoa (la vela) della Defense Advanced Research Projects Agency e in collaborazione con centri di ricerca privati, lanciato nel 1997 e pronto per essere utilizzato: un sofisticato strumento connettivo che consente la condivisione dei dati raccolti dalle varie agenzie investigative che combattono il terrorismo negli Stati Uniti, favorisce l'analisi dei dati e la produzione di informazioni più raffinate ed attendibili, rende più rapido il processo di individuazione delle minacce e consente di disinnescarle prima che sfocino in crisi ingestibili semplificando il ciclo decisionale. Il progetto Genoa, realizzato anche con l'apporto del vice-ammiraglio John Poindexter (Consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Reagan), è un'iniziativa intelligente perchè si basa sulla proprietà fondamentale delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione: la connettività. Si basa, a grandi linee, su di un sistema peer-to-peer, da pari-a-pari, che ricalca lo schema di funzionamento di Napster (ma in un ambiete tendenzialmente sicuro e sterilizzato): la condivisione dei files, l'information sharing, accompagnata da agenti intelligenti per la raccolta dei dati e motori di ricerca per rendere i dati raccolti visibili ed utilizzabili. Quello che, a conti fatti, non è accaduto prima dell'11 settembre. Il progetto Genoa, in sostanza, è il simbolo dell'intelligence del futuro - fonti aperti, analisi, condivisione, complementarità e non sostituzione della tecnica all'uomo - il simbolo delle risposte sensate ed efficaci al terrorismo.

26 ottobre 2001

giuse.mancini@libero.it
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LINK:

PROJECT GENOA

www.darpa.mil/
ato/programs/
genoa.htm

 

LA PRESENTAZIONE
www.whitehouse.
gov/news/releases/
2001/10/
20011009-4.html